In questo periodo il mercato cittadino comincia ad esse-
re invaso anche dai vini dei Castelli, non solo perché il vino
prodotto in Roma e nei sobborghi non basta al consumo
diretto, ma anche perché i papi e i cardinali amano bere vini
buoni e di varie qualità 43) .
Nella seconda metà del secolo XVI i principi della Casa
Farnese, affinché i loro possedimenti non fossero privi dei
prodotti della terra necessari al vivere, migliorarono le con-
dizioni agricole di molte località, quali Castro, Valentano,
Ischia di Castro, Gradoli, Bolsena, San Lorenzo, Marta, Capo -
dimonte, Vallerano ecc., ed ebbero cura di piantarvi anche
numerosi vigneti molto ben coltivati.
Nei dintorni del lago di Bolsena, su un terreno fertilissi-
mo, producevano “Moscatelli” deliziosi e altri tipi di vino sia
giallo dorati, sia rossi discretamente corposi e stabili.
Ottimi vini erano anche quelli del Gianicolo e delle col-
linette fuori la porta S. Pancrazio, quasi tutti di colore bian-
co, abbastanza sostanziosi e robusti per sottostare all’invec-
chiamento. Poi c’erano i vini dei Colli Vaticani e di Monte
Mario, fra i quali primeggiavano i Trebbiani dal sapore pic-
cante perché fermentati in botti chiuse. Sui Colli Albani, nei
vigneti di Ariccia, crescevano le viti elveole, allevate già in
epoca imperiale, i cui vini rossi di qualità eccellente erano
richiesti dalle stesse mense pontificie.
43)
Cfr. Montaldo G., I vigneti, p. 22.
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