vigne e giardini dove abitavano i cardinali e dove spesso tra-
scorrevano le vacanze i papi.
Papi e principi potevano disporre di personale scelto
per la selezione dei vini adatti alla mensa. I dispensieri dei
principi Colonna, ad esempio, cercavano di accaparrarsi per
primi i vini di Zagarolo che erano dei rossi discretamente
alcolici.
Durante il Pontificato di Paolo III Farnese (1534-1549)
attorno a Roma, sul Pincio, sul Gianicolo, sul Palatino, sul-
l’Aventino ecc. le vigne-ville non si contavano più.
Le proprietà dello stato pontificio nel Lazio erano a quel
tempo molto estese e comprendevano, oltre a Marino, Rocca
Priora, Grottaferrata ecc., anche città come Viterbo, Orte,
Sutri e altre, dalle quali provenivano tutti quei prodotti della
campagna, vini dei Castelli compresi, che ornavano le mense
vaticane.
Il papa, oltre ad impegnarsi in numerose opere di ristrut-
turazione e di abbellimento della città, – alla famiglia Farne-
se si devono la realizzazione di due progetti importanti, quali
la costruzione degli Orti Farnesiani sul Palatino e la totale
innovazione del Campidoglio – ebbe anche il merito di esse-
re un grande conoscitore di vini: attraverso il suo bottigliere
Sante Lancerio, tracciò una prima grande strada dei vini ita-
liani lasciandoci delle testimonianze che ci fanno conoscere
la realtà enologica dell’epoca non solo di Roma e dei dintor-
ni, ma anche dell’intera Italia.
Il vino migliore dello Stato Farnese, all’epoca di Paolo III,
proveniva, secondo il Lancerio, da una vigna fatta piantare
dallo stesso pontefice quando non era ancora papa, a Sant’Ar-
cangelo vicino a Bolsena 41) . Ma anche nel territorio di Ischia
«Il vino dello Stato degli illustrissimi Farnese, miei Padroni, è, per la
maggior parte, rosso; et ancora sono generalmente tutti buoni…, et
41)
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