Castelgandolfo produceva vini deboli, a causa del suolo
umido, ed erano perciò bevibili solo con la cottura e coi con-
dimenti.
Velletri aveva sostituito la coltivazione sugli alberi con
quella bassa, come per le vigne di Albano: il prodotto era
abbondantissimo e squisito in virtù del terreno molto fertile.
Ai vini di Velletri fu concesso per molti anni il privilegio di
poter entrare a Roma esenti dal dazio, ma quando verso il
1600 il prodotto cominciò ad affluire in quantità eccessiva,
tale privilegio fu perso.
Vini rossi e salubri davano i vigneti di Zagarolo, ma
erano riserva esclusiva dei principi Colonna, signori del
luogo. Bracciano aveva dei vini bianchi speciali che erano
detti “picciarelli”, facilmente digeribili e diuretici e perciò
consigliati agli ammalati. I vini di Cerveteri (nel circondario
di Civitavecchia) erano robusti e vigorosi a causa del terreno
caldo, ricco di minerali e di acque sulfuree, ma acquistavano
anche, dal terreno stesso, un sapore astringente; non soppor-
tavano neppure il trasporto perché, appena spillati, si altera-
vano. Tuttavia, il pontefice Paolo III, passando per quei luo-
ghi, gustava volentieri quei vini, che cambiavano di colore
una volta versati nelle coppe 36) .
Nello stesso circondario esisteva il paese di Monterano
(oggi in rovina), il cui suolo vulcanico fertilissimo produceva
nel ’500 un vino di eccezionale bontà, sicuramente il miglio-
re in Italia a quel tempo. Il “bottigliere” di Paolo III così lo
descrive: «… In questo vino sono tutte le proprietà che possa
e debba havere un vino, in esso è colore, odore et sapore, l’o-
dore di viola mammola, quando comincia la sua stagione, il
colore è di finissimo rubino, et è saporito sì che lascia la
Cfr. Bacci A., I vini del territorio di Cerveteri, in “Storia naturale dei
vini…”, libro VI, p. 26.
36)
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