manza solo dopo la fondazione di Roma: che Romolo libasse
col latte e non col vino è provato dalle cerimonie religiose da
lui istituite, i cui riti perdurarono per molti secoli 11) . Ma è solo
con Numa Pompilio 12) che si cominciano ad avere notizie un
po’ più esatte del vino e la legge Postumia a lui attribuita
afferma: «Vino rogum ne aspergito» («Non cospargere di vino il
rogo»), facendo in qualche modo intendere quale enorme
valore avesse allora la bevanda.
Secondo Plinio il Vecchio 13) , invece, questa proibizione
fu certamente una conseguenza della scarsezza di materia
prima 14) . Pare tuttavia che il divieto non sia poi stato osser-
vato perché il vino fu sempre presente nelle solennità pub-
bliche, in particolare in quelle religiose, e acquistò il caratte-
re sacro che ben conosciamo.
Tuttavia, nei primi secoli della loro storia, i Romani furo-
no bevitori d’acqua più che di vino: non bisogna dimenticare
che gli abitanti del Lazio erano pastori semi-nomadi abitanti
il Palatino e gli altri colli e solo con i re etruschi adottarono
un modello di vita più civile trasformandosi presto in tran-
quilli agricoltori.
11)
Cfr. Plinio G. S., Storia Naturale, XIV, 88.
Secondo re di Roma (regnò dal 715 al 672 a. C.): simboleggia la fusio-
ne della gente latina con quella sabina; la tradizione vuole che abbia
fatto erigere il tempio di Giano, i collegi dei Pontefici e delle Vestali e
fissato le norme del diritto sacro. Divise l’anno in dodici mesi e questa
sua istituzione durò fino a Cesare.
12)
Gaio Plinio Secondo, detto il Vecchio (Como 23 - Stabia 79), fu il più
grande scrittore enciclopedico latino del primo secolo d. C. Di lui riman-
gono i 37 libri della Naturalis Historia (“Storia Naturale”), in cui sono
riassunte tutte le conoscenze degli antichi sul mondo e sugli esseri che
lo abitano; molti di questi libri trattano di fisiologia animale e vegetale
e di botanica medica.
13)
14)
Cfr. Plinio, ib.
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