Storia della vitivinicoltura laziale
Nel campo dell’agricoltura, oltre che in quello delle arti
e della scienza in genere, il Lazio ci ha tramandato una gran-
de quantità di massime e di precetti, che sono il frutto di una
lunga pratica acquisita nella coltura dei campi. Le antiche
opere agricole degli scrittori georgici 3) latini, quali Catone,
Varrone, Columella, Virgilio, Plinio il Vecchio, Palladio ecc.,
riferiscono con dovizia di particolari in quale considerazione
fossero tenute ai tempi loro la viticoltura e l’enologia.
I diversi scrittori, tuttavia, non sono d’accordo sull’ori-
gine della coltivazione della vite in Italia e quindi anche nel
Lazio: volendo risalire fino a Romolo, non si può sperare di
avere notizie esatte, proprio per il carattere mitologico che
pervade un periodo storico così lontano.
Un’antichissima tradizione, che rimase per molti secoli
nelle credenze popolari, vuole che Enea e suo figlio Ascanio
abbiano consacrato, molto tempo prima della fondazione di
Roma, i vigneti del Lazio al dio Giove ed abbiano raccolto il
vino nel tempio della dea Venere perché non fosse preso da
Mesenzio, tiranno di Cere 4) . Ma questi vigneti non dovevano
essere molti se prendiamo per vero ciò che riferiscono Stra-
bone 5) ed altri autori, per i quali pare che il Lazio sia stato
Dal greco geõrgikós (“dell’agricoltore”): autori che trattano nelle loro
opere tutto ciò che si riferisce alla vita e alla coltivazione dei campi.
3)
Mesenzio, mitico personaggio dell’Eneide, era il re di Cere, antica città
etrusca, oggi Cerveteri.
4)
Storico e geografo greco (circa 63 a. C. - 20 d. C.). Scrisse una Storia in
37 libri, di cui restano scarsi frammenti. Quasi per intero ci è giunta
invece la Geografia, vasto trattato in 17 libri, molto importante per la
conoscenza del mondo antico.
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