Premessa
Il Trentino ha una storia molto antica nel campo della
vitivinicoltura, un’attività che è legata sia alle condizioni
climatiche e ambientali sia alla variabilità genetica delle
numerose varietà di viti coltivate in un determinato terri-
torio.
Questa terra – nella quale terreni con pendenza collina-
re hanno permesso alla pergola di risalire dal fondovalle fino
a quasi 900 metri d’altitudine e dove la gente, da sempre con-
tadina, ha dissodato con fatica ma anche con grande passio-
ne le zolle – è stata in ogni tempo generosa di vino con i suoi
abitanti, che lo bevevano soprattutto per trovare la forza (e le
calorie) con cui sopperire alla scarsità di companatico e poter
affrontare il freddo rigido dell’inverno.
Benché al giorno d’oggi le motivazioni del bere siano in
certo qual modo cambiate rispetto al passato, la produzione
vinicola trentina occupa ancora un posto importante soprat-
tutto per la qualità e la bontà del prodotto stesso.
Su una superficie nazionale di 640.000 ettari vitati, le
poche migliaia di ettari (circa 10.000) attuali appaiono tut-
tavia quasi irrilevanti e perciò non in grado di influenzare il
mercato, anche se è risaputo che l’importanza viticola di
una zona non è necessariamente legata alla sua estensione:
lo dimostrano, infatti, alcune zone della nostra Penisola,
quali Montalcino, le Langhe e l’Etna che, benché non ec-
cessivamente estese, sono da sempre famose per i loro otti-
mi prodotti.
Pertanto, negli ultimi decenni del secolo scorso, anche il
Trentino ha scelto la “politica” della qualità, potendo conta-
re su strutture enologiche di antica tradizione, prima fra tut-
te la cooperazione, che opera attraverso molte cantine socia-
li in grado di lavorare circa 600.000 hl di vino all’anno.
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