Vitigno dalle origini sconosciute, ma anch’esso presente
nella storia trentina fin dai tempi del Concilio, è la Nosiola,
detta anche Groppello bianco (in Val di Non) e Durel (in Val
di Cembra).
La sua culla d’elezione è la Valle di Laghi, anche se è tut-
tora presente nel comprensorio di Lavis, nel Perginese, in Val-
lagarina e in tutto il Basso Sarca (Riva compresa).
Nella Valle del Sarca, in particolare, era utilizzato nel pas-
sato, insieme alla Vernaccia e al Trebbiano, per la produzione
del famoso Vino Santo Trentino, un ottimo vino dolce 63) , ve-
ra gemma dell’enologia alpina.
La zona classica di produzione di questo straordinario vi-
no è attualmente limitata a soli 5 comuni: Calavino, Cavedine,
Lasino, Padergnone e Vezzano, ritenuti ad altissima vocazione.
Nel 2002 a questo vino, in virtù del suo inscindibile legame con
la zona di produzione, è stata riconosciuta la DOC Trentino Su-
periore per il Vino Santo ed è dal 2012 Presidio Slow Food.
Il grappolo della Nosiola è di grandezza media, perlopiù
cilindrico, serrato, normalmente alato; gli acini sono sferoi-
dali con buccia molto pruinosa, sottile ma consistente.
Il Vino Santo trentino è ottenuto, al giorno d’oggi, con
l’utilizzo di sola uva Nosiola, i cui grappoli sono posti ad ap-
passire su graticci all’interno di appositi locali (appassitoi).
Qui essi rimangono per circa sei mesi, fino allo sviluppo lar-
vato della Botrytis cinerea (muffa grigia) infavata 64) .
Dei vini di questa valle parla anche il Mariani affermando che «Vini
confacevoli, e salubri notabilmente riescono i bianchi di Calavino... Sot-
to Calavino sta il lago di Toblino delicioso... dove vengono Vini rari, che
hanno dell’aromatico» (Mariani M., Trento, pp. 472-473).
Con molta probabilità, fra i vini rari e aromatici cui l’Autore fa riferi-
mento, era compreso anche il celebre Vino Santo.
63)
Il termine deriva da “fava” per il colore assunto dagli acini, simile a
quello dei semi del noto legume.
64)
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