za, la Trentina o Negrara 54) , la Garganega, la Groppella, la Lu-
gliatica (bianca e nera), la Nosiola, la Peverella ecc.; fra quel-
le dei “contorni” di Trento: la Garganega (anche la gentile e
la maggiore), il Gropello (sic!), il Durello, la Marzemina (gen-
tile e minore), la Moscatella (bianca e nera), la Negrara, la Pa-
vana, la Rossara (durasa, maggiore e minore), la Schiava, la
Paolina, la Nosiola gentile ecc.
Una brusca frenata per l’industria vinicola trentina, che
alternava periodi fiorenti ad altri di minore produzione, si
ebbe però al tempo in cui nella Vallagarina fu introdotto il
baco da seta. Molti contadini, attratti da facili guadagni, sa-
crificarono la vite al gelso e per questo l’industria della seta
divenne in seguito, fino al 1850 circa, una delle più impor-
tanti in Europa.
Per l’appunto nella seconda metà del XIX secolo, dopo
che la coltivazione dei gelsi aveva dovuto subire un notevole
calo a causa della malattia delle stesse piante e della moria dei
bachi da seta, la nostra vitivinicoltura riprese finalmente il suo
posto preminente nell’economia locale, avvantaggiata anche
dal progresso delle tecniche enologiche e da nuove vie aperte
al traffico (v. linea del Brennero, aperta nel 1867), come pure
dalla sistemazione di alcuni corsi d’acqua (Noce, Avisio, Bren-
ta, Fersina...). Nel 1866 la costituzione della Società Enologica
Trentina (1866) ebbe, infine, lo scopo di valorizzare i nostri vi-
ni facendoli conoscere pure sui mercati stranieri 55) .
Ma anche dopo la ripresa l’industria vinicola non fu
esente da alti e bassi e subì un’altra grande crisi con la com-
Era tra le varietà più citate e destava curiosità per la pratica dell’ap-
passimento delle sue uve che producevano un vino chiamato “Pasqua-
lino” (cfr. Scienza A., I vitigni, p. 270).
54)
Cfr. De Mozzi G., La tradizione vitivinicola nel Trentino, in “Economia
Trentina”, Trento 1960, p. 12.
55)
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