Inoltre, nei documenti privati di quei secoli, sono numerosi i
dati riguardanti donazioni, compravendite di vigneti, fornitu-
re d’uva e di sostegni per viti, legname per botti ecc. 16) .
In numerosi palazzi di Trento, nonché nelle chiese e, in
particolare, nel castello del Buonconsiglio, sculture e dipinti
testimoniano, infine, come la vite e la vendemmia fossero
anche i temi preferiti dai pittori dell’epoca (v. gli affreschi di
Venceslao da Boemia nella Torre dell’Aquila e il “Bacco” del
Romanino nella loggia di Palazzo Magno).
Tuttavia, all’ampia produzione di vino del Due-Trecento
in quasi tutto il Trentino non corrispondeva un’altrettanta
specializzazione o denominazione d’origine: il vino, perlopiù
bianco, era buono, nuovo, ma comune, con l’unica eccezio-
ne per la Schiava (o Schiave), del resto presente in ampie zo-
ne del Nord Italia 17) .
In alcuni documenti, inerenti al pagamento di dazi, o ai
doveri dei coloni nei riguardi dei proprietari, o transazioni
ereditarie ecc., si può trovare qualche accenno anche alle
principali varietà di viti coltivate: oltre alla Schiava, è citata
pure la Rossara in documenti del 1259, mentre in altri, sem-
pre della seconda metà del XIII secolo, si fa riferimento alla
Moscatella e alla Vernaccia (o Vernaza) della Vallagarina e
della zona di Arco.
In altri documenti, risalenti agli inizi del Quattrocento,
si parla di Teroldego (1402) e di Marzemino (1409) 18) .
16)
Cfr. Ruatti G., Lo sviluppo, p. 21, nota 18.
«A partire dal 1200 si hanno le prime indicazioni di vigneti specializza-
ti in Trentino... ma soprattutto compare il nome di un vitigno la Schiava
(o Schiave), varietà che era presente in tutta l’Italia settentrionale, dal Pie-
monte al Veneto, anche se era maggiormente coltivata nelle zone di in-
fluenza carolingia...» (Scienza A., - Failla O., La circolazione, p. 197).
17)
Cfr. Scienza A., I vitigni antichi del Trentino, in “Storia regionale della vite
e del vino in Italia - Trentino”, San Michele all’Adige (TN) 2012, p. 269.
18)
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