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Fortunatamente la religione cristiana, con i suoi riti che rendevano indispensabile la presenza del vino, contribuì a mitigare in misura notevole i malanni, impegnandosi forte- mente affinché la rinomata pianta fosse preservata; e lo fu particolarmente nelle chiese e nei conventi, dove numerosi monaci coltivavano nei dintorni le vigne e davano mano al- le opere di bonifica e di dissodamento. Così, proprio per il forte impulso datole dai monaci, la viticoltura tornò a diffondersi in tutta Europa, ma soprattut- to in Francia e in Italia. L’Alto Medioevo Passati infine i tempi tristi e bui, già alla fine del VI se- colo la coltura della vite nel Trentino era ripresa in pieno an- che nella pianura. Ulteriore impulso ricevette poi dai Longobardi e dai Ba- vari, ma è doveroso affermare che fu ancora e soprattutto l’o- pera intelligente e instancabile di alcuni ordini monastici (v. Benedettini e Cluniacensi) a far sì che nel corso del Medioe- vo essa potesse godere di una relativa prosperità. Con la nascita del Principato Vescovile (1027) gran par- te del vino trentino venne ad essere proiettato verso il Nord, in una competizione perennemente irrisolta con Bolzano e i vini altoatesini 14) ; e quando la contea del Tirolo prese ad as- sumere una posizione di tutela nei confronti dei vescovi tren- Benché la proiezione del Trentino nell’orbita tedesca avesse favorito lo smercio del vino italiano, tuttavia il transito dello stesso nel vicino terri- torio di Bolzano fu sempre irto di ostacoli, determinando contrasti infi- niti fra le due aree e, nonostante i provvedimenti presi per sedare il con- flitto, i Tirolesi considerarono sempre il vino trentino come forestiero (cfr. Andreolli B., Dal Medioevo al Concilio di Trento ed oltre, in “Storia re- 14) 13