Premessa
Terra molto popolosa e fortemente industrializzata, la
Lombardia ha una superficie agraria che nel corso del XX seco-
lo s’è andata sempre più riducendo: ciò nonostante, nel setto-
re vitivinicolo, può vantare numerosi impianti specializzati
che producono vini per la maggior parte di qualità pregiata.
I vitigni lombardi, così come oggi si presentano e come
molti altri genotipi italici, arrivano da un tempo molto lon-
tano, tanto che esistevano sicuramente, in grande moltitudine
e con caratteri evidenti, ben prima che l’uomo attribuisse
loro un nome, o meglio, prima che desse una denominazio-
ne alla stessa vite.
Col trascorrere dei secoli, per una serie disparata di cause
perlopiù indipendenti dalla volontà dei viticoltori e legate
soprattutto a cambiamenti climatici e parassitari, si dovette
assistere alla diffusione di una miriade disordinata di vitigni
con caratteristiche qualitative anche modeste che determina-
rono grandi modificazioni genetiche. Significativa, a questo
riguardo, è la relazione tenuta nel 1876 al Consiglio Superio-
re dell’Agricoltura da Francesco Lawley 1) , il quale così si espri-
meva: «Lo sviluppo e l’assetto della produzione e dell’indu-
stria vinifera in Italia, trovano ostacolo nell’oscurità che regna
fra noi intorno all’infinito numero, alla qualità e alla natura
delle varietà dei vitigni… Infatti le classi rurali … coltivano in
preferenza quelle varietà di vitigni che somministrano abbon-
danza maggiore di uva, trascurando quelle che ne producono
poca, ma sono le sole che fornirebbero ottimo vino».
Presidente del Comitato Centrale Ampelografico del Regno d’Italia;
nel 1872 tale Comitato istituì le Commissioni per programmare la rina-
scita del settore.
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