Milano aveva coltivato a tal punto la passione del vino
che persino Leonardo, dopo aver dipinto l’Ultima Cena nel
refettorio di Santa Maria delle Grazie nei pressi del Castello,
aveva ricevuto in dono gli “orti”, situati proprio vicino alla
chiesa, con al centro una grande vigna di circa sedici pertiche.
Oggi, di quel piccolo vigneto non resta nulla. Tuttavia sappia-
mo che in quell’epoca i vini di città erano piuttosto modesti e
venivano prodotti dagli osti che ne curavano anche la vendita.
In epoca tardo-medievale, nel Milanese, in Brianza fino
a Lecco e Como e attorno alla stessa città di Milano, si era
andata sviluppando anche una tipica viticoltura urbana, pro-
prio com’era accaduto a Roma, a Parigi o Vienna, e tra le
varietà più diffuse vi erano la “Botascera” (Schiava), la “Corbe-
ra”, la “Lambrusca”, la “Bergamasca”, la “Rosa”, la “Cogna”,
l’“Inzago” e, tra le bianche, la “Verdamina”, la “Guarnazza”, il
“Barbesino” e la “Tribiana”; ed era altresì diffusa l’usanza degli
osti milan