colorata, il secondo descrive l’Ughetta di Canneto, la varietà
che, insieme alla Pignola e alla Moradella, era allora la più
diffusa.
Nella seconda metà del XIX secolo, prima dell’invasio-
ne della fillossera, sempre nell’Oltrepò si potevano distin-
guere tre zone colturali con modelli viticoli ben distinti.
Il primo era rappresentato dalla zona medio-bassa delle col-
line, con i circondari di Stradella, Montù, Broni ecc.,
dove venivano coltivate soprattutto la Croattina, la Mora-
della e l’Ughetta. Nella parte medio-alta della collina,
ossia nella zona di Montalto, si potevano rinvenire molte
varietà, però non tutte autoctone perché di provenienza
soprattutto piemontese (v. Dolcetto). Nelle zone di bassa col-
lina e di pianura del circondario di Voghera il panorama
varietale si presentava molto ricco con 36 varietà nere e 23
bianche, fra le quali predominavano l’Ughetta e il Croà (o
Vermiglio).
Nel circondario di Bobbio, fra le varietà nere venivano
coltivate la Rossà, il Dolcetto, il Croà e, fra le bianche, il
Moscato, il Trebbiano e l’Ortrugo.
Nel 1871 il rapporto della Commissione ampelografica
della provincia di Pavia citava anche tre vitigni denominati
“Pignola”: la Moradella pignolo, cioè “piccola”, la Croattina
pignola (o Bonarda di Rovescala) e l’Uva pignolo o Pignolo di
S. Colombano.
Altri vitigni diffusi all’epoca nelle zone dell’Oltrepò
erano la Barbera, il Moretto e il Grignolino (o Barbesino).
Bergamo e Brescia
La viticoltura del Bergamasco e del Bresciano, nei secoli
IX e X, offriva i vini migliori della Lombardia perché si otte-
nevano da vigneti posti su terreni collinari sistemati a grado-
ni (terrazzi), perciò in ambiente climatico molto diverso da
quello di pianura.
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