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Nel 1498 Cristoforo Colombo portava alla regina Isabel- la il prodotto di viti selvatiche da lui trovate a Cuba e dava così inizio all’importazione che, purtroppo, qualche secolo dopo, introducendo in Europa nuovi parassiti, avrebbe cam- biato moltissimo la nostra agricoltura. Con l’invenzione della stampa e il successivo diffonder- si delle pubblicazioni georgiche, le tecniche vitivinicole fece- ro progressi notevoli, testimoniati dalle moltissime opere relative alla coltura della vite e all’enologia, edite nei secoli XVI e XVII. Fra gli autori che in epoca rinascimentale si occuparono di vinificazione, fermentazione e conservazione dei vini è da ricordare Andrea Bacci (1524-1600), medico di papa Sisto V, con la notevole opera dal titolo De naturali vinorum historia, de vinis Italiae et de conviviis antiquorum libri septem, apparsa in Roma nel 1596, contenente, fra l’altro, un’interessantissima rassegna dei vini italiani del ’500. Il Bacci, per quanto riguarda la regione lombarda, dopo un breve cenno generale alla sua viticoltura, fa una lunga ras- segna dei vini prodotti nelle varie zone collinari, montane, lacustri e di pianura, che sarà nostra premura illustrare più avanti. Intanto, dal Mediterraneo orientale, tramite il commer- cio veneziano e in seguito alla pressante richiesta di vini aro- matici da parte dei nobili e degli ecclesiastici, giungevano nuove varietà, quali il “Moscato” e la “Malvasia” che ebbero a riscuotere un notevole successo. Per avere una vera e propria evoluzione della viticoltura lombarda bisogna tuttavia attendere la fine del ’700 e gli inizi dell’800 con la Rivoluzione Francese e le conquiste che si andavano facendo nel campo delle scienze biologiche e fisico- chimiche. Anche gli studi di ampelografia, effettuati nella seconda metà del secolo XX, diedero una svolta rilevante all’assetto 20