Premessa
Anche il Veneto, come tutte le regioni italiane di antica
tradizione vitivinicola, vanta un ricco patrimonio di vitigni
tradizionali che sono ancora oggi la base di vini famosi, pro-
dotti soprattutto nella provincia di Verona.
I biotipi d’origine veronese sono, in realtà, il risultato
d’una selezione spontanea prodotta da secoli di coltivazione;
ed è dovuta proprio alla presenza di queste varietà e degli
uvaggi che ne possono derivare la tipicità della produzione
enologica dell’intera provincia.
Tuttavia, a partire dalla fine degli anni ’30, la maggior
parte dei vecchi vitigni coltivati è andata pian piano scom-
parendo, sostituita da altri cosiddetti “internazionali”, quali
Merlot, Cabernet, Pinot, o dai cloni di varietà più produttive
e più conosciute, quindi più facili da vendere sui mercati,
quali le ormai celebri varietà del Valpolicella, del Bardolino e
del Soave.
Le cause di questa sostituzione sono da ricercarsi princi-
palmente nel fatto che le vecchie cultivar davano spesso pro-
dotti più abbondanti ma di qualità scadente; inoltre, i vini
ottenuti risultavano troppo rustici, troppo acidi, colorati e
strutturati e perciò non più in grado di soddisfare i gusti del
tempo.
Tuttavia, proprio queste caratteristiche destarono l’at-
tenzione dei produttori sull’importanza di impedire la perdi-
ta definitiva dei vitigni storici per difendere e preservare la
variabilità genetica della specie.
L’importanza di recuperare e conservare il germoplasma
dei biotipi in via di estinzione prese coscienza nella seconda
metà del secolo scorso (anni ’70), quando fu avviato da parte
dell’Ispettorato per l’Agricoltura di Verona, in collaborazione
con l’Istituto Sperimentale per la Viticoltura di Conegliano,
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