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lago di Garda ed in quella morenica a sud del lago. «La Moli- nara, dopo la Corvina, detiene la maggior importanza tra i vitigni coltivati nella provincia di Verona» 52) . Questo vitigno fu descritto dal Pollini fin dai primi anni dell’Ottocento 53) e riportato anche da Giuseppe Beretta nel suo trattato “Della coltivazione della vite e dell’arte di fare il vino”, edito a Verona nel 1841. È detto “Rossara” lungo la riviera veronese del Garda, ossia nella zona di Bardolino (da non confondersi con la Ros- sara trentina!); “Rossanella” nella zona morenica a sud del lago (Sona-Sommacampagna); “Brepon” o “Brepon molina- ro” nelle vallate d’Illasi e di Tramigna 54) . Un tempo era detto anche “uva salata” per il sapore sapi- do che conferiva ai vini. Il nome di “molinara” deriva, inve- ce, dal vernacolo mulinara (da mulin) ed è da attribuirsi, molto probabilmente, al fatto che gli acini sono così pruino- si da sembrare spolverati di farina e perciò provenienti dal mulino 55) . È utilizzato per la vinificazione del Bardolino, del Montanari V. - Ceccarelli G., La Viticoltura e la Enologia nelle Tre Vene- zie, Treviso 1950, p. 234. 52) 53) «Le prime notizie che abbiamo rintracciato su questo vitigno risal- gono al 1818 nell’opera di Pollini (Osserv. Agr. per l’anno 1818 in “Memorie dell’Acc., d’Agr., Comm. ed Arti di Verona, Vol. X, 1824, pp. 131-139), il quale descrive due vitigni: il Brepon molinara, che sarebbe coltivato nella bassa pianura veronese e che corrisponde net- tamente al vitigno da noi descritto, e la Molinara, che risulterebbe col- tivata nella Valpolicella, Valpantena e Valle d’Illasi e la cui descrizione non ha nulla a che vedere con la precedente» (Cosmo I., La viticoltura e l’enologia nelle zone veronesi da vini pregiati, in G. Dalmasso - I. Cosmo - G. Dell’Olio, “I vini pregiati della provincia di Verona”, Roma 1939, cap. III, p. 95). Cfr. Cosmo I. - Polsinelli M., Molinara, in “Principali vitigni da vino coltivati in Italia”, Roma 1960, p. 10. 54) 55) Cfr. Montanari V. - Ceccarelli G., La Viticoltura, p. 234. 48