tenere nella stessa casa e nel medesimo tempo due qualità di
vini bianchi e di vini rossi. E, iniziata la vendita al minuto, il
vino non doveva assolutamente essere adulterato.
Alla vite e al vino s’ispirarono pure gli anonimi minia-
tori veronesi che illustrarono, nel Trecento, i “Tacuinum” o
“Theatrum Sanitatis”, ossia i preziosi testi di medicina tra-
dotti dall’arabo e conservati nelle biblioteche di Parigi, Vien-
na e Roma.
Nella tavola intitolata “Autunno”, il cui testo è conser-
vato alla Biblioteca Nazionale di Vienna (miniatura del cod.
4182), sono rappresentate la raccolta e la pigiatura dell’uva
quali si praticavano a quei tempi in Italia: accanto ad un ven-
demmiatore con tunica rossa, una vendemmiatrice con
grembiule bianco porge un cesto d’uva all’uomo che sta con
i piedi dentro il tino.
Nella miniatura del codice 4182 della Biblioteca Casana-
tense di Roma, troviamo invece rappresentato il “Vino invec-
chiato odoroso”; l’opera, sempre di artista veronese, mette in
risalto un cliente che osserva con particolare attenzione il
vino contenuto in un bicchiere.
Gli esperti naturalisti dei “Theatrum” vollero sicura-
mente mettere in rilievo le virtù terapeutiche dell’uva che,
oltre a nutrire, è anche ricostituente e regolatrice dell’intesti-
no 19) .
Più tardi, nella seconda metà del Quattrocento, France-
sco Corna da Soncino elogiava, nel suo “Fioretto”, le belle
vigne del lago di Garda, il vino di Cologna e di Verona e pure
quello delle valli Pollicella e Pantena.
Il nobile letterato Giorgio Sommariva (morto dopo il
1497) in una lettera a Federico Cornaro, patrizio veneto e
Rettore di Verona, a sua volta scriveva: «Anche di vini se ne
19)
Cfr. Paronetto L., Viti e vini di Verona, Verona 1991, p. 26.
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