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delle istituzioni pubbliche (Arsia, Università, Istituti speri- mentali), sia dei soggetti privati (imprese agricole, consorzi di tutela ecc.). L’intera filiera vitivinicola ha potuto così be- neficiare di progetti e di strategie aziendali che hanno fatto conquistare alla Regione un ruolo di preminenza a livello mondiale. È pure attualmente in corso un’importante fase di rin- novo del patrimonio viticolo regionale, con una particolare cura per la valorizzazione dei vitigni autoctoni, spesso di- menticati, ma certamente determinanti per conferire mag- giore visibilità alle produzioni regionali. A questo riguardo, numerose iniziative di ricerca hanno inteso valutare, nei diversi ambienti, il comportamento bio - agronomico ed enologico di vitigni e cloni particolarmente interessanti, tutti provenienti dal vastissimo patrimonio ge- netico regionale. Al giorno d’oggi sono più di quattro gli ettari che rac- colgono collezioni di germoplasma comprendenti alcune centinaia di genotipi. In realtà, la valorizzazione del germo- plasma vinicolo è di fondamentale importanza proprio per non perdere la variabilità genetica e per il rinnovamento con- tinuo della stessa vitivinicoltura toscana. La selezione ha permesso, inoltre, «di ottenere cloni in grado di accrescere la qualità delle produzioni e di valorizza- re l’interazione con l’ambiente di coltivazione» 2) . Sono, ancora oggi, oggetto di selezione clonale il San- giovese in varie zone, il Mammolo, il Canaiolo nero, il Colo- rino, l’Aleatico, il Verdello, l’Ansonica e la Vernaccia di San Gimignano 3) . Arsia, I vigneti sperimentali in Toscana, a cura di L. Fabbrini, Firenze 2003, p. 13. 2) 3) 6 Cfr. Arsia, I vigneti, p. 14.