Il nome di questo vitigno si trova anche nel Saggio del
Di Rovasenda (p. 32), ma solo il Marzotto ne dà ampie noti-
zie nel suo trattato “Uve da vino” (Vicenza 1825).
Il vitigno ha una resistenza buona a tutte le malattie, ma
scarsa all’oidio.
Il grappolo ha grandezza media, aspetto compatto, pira-
midale, spesso alato; l’acino è medio-piccolo, rotondo con buc-
cia molto pruinosa, di medio spessore e di color nero-violaceo;
la polpa è succosa con colore lievemente roseo e sapore neutro.
L’uva viene utilizzata esclusivamente per la vinificazione
e dà un vino corposo, color rosso rubino.
Un altro antico vitigno toscano è il Colorino, chiamato
anche Raverusto. Altri suoi sinonimi: “Abrostino”, “Lambru-
sco”, “Colore”, “Abrusco”.
Presenta numerose sottovarietà, diverse fra loro per la
forma della foglia e del grappolo. «È un vitigno che nelle for-
me meno migliorate, si avvicina alla vite selvatica. Queste vi-
ti che si trovano allo stato spontaneo nei boschi, sono dette
in Toscana “Lambruschi” e così si spiega perché questo nome
faccia parte dei sinonimi» 61) .
Un tempo era molto apprezzato nel Fiorentino e nel Se-
nese, sia per l’alto contenuto di materia colorante della buc-
cia e per il suo grado zuccherino, sia per il profumo caratteri-
stico del vino e per la sua facile conservazione.
Il grappolo è medio o piccolo, conico, serrato; gli acini,
medio-piccoli e rotondi, hanno la buccia spessa, pruinosa,
color nero-violaceo e la polpa molle, dolce e incolore.
La base principale dei vini migliori che si producevano
un tempo nelle province di Firenze e di Siena era costituita
dal Sangioveto, conosciuto anche col nome di “Sangiovese”
e “Montepulciano”.
61)
Marzotto N., Uve, p. 82.
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