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gricoltura ed il commercio. Le più illustri famiglie fiorentine cercavano allora, proprio nell’agricoltura, l’investimento dei loro capitali. Così l’alta borghesia cittadina poté costruire, nelle cam- pagne circostanti la città e sulle ridenti colline, numerose vil- le padronali dove i signori vivevano per gran parte dell’anno interessandosi anche della coltura dei campi. Il Duca stesso si dedicava all’agricoltura: innestava viti e alberi da frutto, coltivava patate, pomodori e ortaggi da poco introdotti in Italia 41) . Il vino non mancava mai sulle mense ducali dove si ser- vivano le qualità più pregiate secondo le regole del “Galateo” di Monsignor Giovanni Della Casa. La buona educazione do- veva essere rispettata anche nell’assaggiare le bevande e perciò, a tavola, il Monsignore sconsigliava, ad esempio, di fiutare col naso il vino nel bicchiere del vicino di tavolo o di porgere ad altri il bicchiere nel quale si era messo bocca per assaggiarlo 42) . Il Duca, divenuto poi Granduca 43) , impose ai sudditi gra- vose imposte esaurendo a poco a poco le fonti della ricchez- za: il vino venne a costare il doppio che nelle altre città ita- liane, i dazi furono pesantissimi, vietato fu anche il libero commercio dei prodotti, dei quali il Granduca faceva perlo- più incetta per poi rivenderli al prezzo che più gli piaceva. A Cosimo I successe il figlio Francesco I, così amante del- le scienze, delle arti e della letteratura da favorire, nel 1581, la fondazione dell’Accademia della Crusca. Fra le altre cose, egli si dedicò anche alla botanica ed al giardinaggio e fece coltivare per primo il gelso in Toscana. Fu un mangiatore in- 41) Paronetto L., Il magnifico, p. 141. Cfr. Della Casa G., Galateo overo de’ costumi, a cura di E. Scarpa, Modena 1990, pp. 7-8. 42) 43) Il titolo gli venne conferito nel 1569 dal papa San Pio V Ghislieri. 37