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che anche i discendenti di Romolo tenessero in onore il vino toscano. Alla fine del I sec. d. C., il naturalista latino Plinio il Vec- chio fa una descrizione attenta e puntuale della viticoltura italica; per quel che riguarda la regio VII augustea (l’Etruria), egli nomina la “tudertina” 9) , la “sopina” a Firenze e, ad Arez- zo, la “talpona” (nera), l’“etesiaca” e la “conseminia”; ma at- tribuisce la palma di miglior vino etrusco a quello di Luni 10) , città al confine fra la Toscana e la Liguria 11) . Nonostante le scarse notizie che gli autori ci hanno la- sciato sui vini toscani durante l’età imperiale, pare certo che una produzione vinicola in Etruria non venisse mai meno, anche se il vino, soprattutto nel periodo medio-imperiale, non era più competitivo di quello d’importazione. Alcune piccole anfore, trovate qualche anno fa presso Empoli, testi- moniano che, fra la fine del II sec. e la metà del III sec., l’o- dierna cittadina sull’Arno doveva essere un centro di raccol- ta e di smercio di una produzione vinicola di carattere “industriale” che aveva probabilmente il suo centro in Val d’Elsa e nella piana dell’Arno 12) . Poche sono anche le notizie che ci rimangono sui vini toscani dell’ultimo periodo dell’Impero Romano; ciò è forse attribuibile al parziale abbandono della viticoltura in zone così poco accessibili, ma soprattutto all’esodo della popola- zione dalle campagne per l’arrivo di popoli nordici, rovescia- tisi al di qua delle Alpi. 9) Cioè della cittadina etrusca di Todi; è una varietà ricordata solo da Plinio. Non lontano da La Spezia; la città dà il nome alla Lunigiana, territo- rio appartenente ad entrambe le Regioni. 10) 11) Cfr. Plinio G. S., Storia Naturale, XIV, 36 e 68. Cfr. Paolucci F., Il vino in Etruria, in “Storia del vino in Toscana”, a cura di Z. Ciuffoletti, Firenze 2000, p. 24. 12) 13