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Attualmente l’importanza di questo vitigno è quasi irri- levante, essendo coltivato quasi solo in provincia di Belluno (zona di Arsiè) dove, erroneamente, viene denominato anche “Cabernet franc”, con il quale non dev’essere però confuso 49) . L’epoca di germogliamento e di fioritura della pianta è solitamente precoce, mentre la maturazione del grappolo è piuttosto tradiva (prima decade di ottobre). Dalle uve di Turca si ottiene un vino dal profumo inten- so, di colore rosso rubino, un po’ tannico, acidulo, corposo, leggermente speziato. Col nome di Pavana nel Trentino, e coi sinonimi di Vicen- tina, Visentina e Visentinona (a Verona), Nostrana nera (a Bellu- no), Peloseta nera, Marzemina nera di Feltre ecc., è presente an- che nel Veneto un vitigno di cui si hanno notizie già all’inizio del XIX secolo: l’Acerbi 50) , infatti, lo inserisce fra le viti della “Val Su- gana” e “dei contorni di Trento”; egli nomina anche una Vicen- tina, elencata fra le viti del Mantovano, dove sarebbe giunta per mezzo di un “cavallante”, senza però dirne la provenienza 51) . Più tardi la stessa uva è citata in numerose altre ampelo- grafie italiane e straniere: nel Saggio del Rovasenda (1877) 52) , Cfr. Martinatti P., Caratterizzazione ampelografico-genetica ed inqua- dramento storico di alcuni vecchi vitigni del Trentino, Tesi di Laurea, Udine 2003-04, p. 22. 49) Giuseppe Acerbi (1773-1846), letterato mantovano, direttore della “Bi- blioteca italiana” dal 1816 al 1825. Diede un importante contributo all’am- pelografia; nei poderi di famiglia a Castel Goffredo (MN) piantò moltissimi vitigni, mettendo insieme una collezione di ben 1522 varietà: 619 italiane, 400 ungheresi e 503 provenienti dal resto d’Europa. La collezione andò per- sa dopo che l’Acerbi si fu trasferito in Egitto in veste di console austriaco. 50) Cfr. Acerbi G., Delle viti italiane o sia Materiali per servire alla classifica- zione, Milano 1825, pp. 290, 302 e 303. 51) Dopo averla inclusa fra i vitigni di Trento, così riferisce: «Ricevetti la Pavana nera da Udine… La trovai alquanto simile a Barbera, ma con forme più grossolane e col sugo men sapido e men vinoso» (Di Rovasenda G., Saggio di una Ampelografia universale, Torino 1877, p. 136). 52) 51