dell’Università di Padova fu incaricato di esaminare la qualità
dei terreni del Veneto e le coltivazioni vigenti per dare sug-
gerimenti utili a risollevare e a far prosperare l’agricoltura.
Ebbe allora inizio un movimento che propugnava, as-
sieme ad un costante progresso delle tecniche agrarie in ge-
nere, un avanzamento anche nel campo vitivinicolo, nel
quale l’imperizia degli “addetti ai lavori” aveva causato, fino
ad allora, una produzione di vini scadenti e la perdita dei
mercati esteri.
Il moltiplicarsi degli studi di agricoltura e il diffondersi di
nuovi interessi per l’enologia favorirono la nascita di varie Ac-
cademie di Agricoltura in tutte le principali città del Veneto.
A Padova l’Accademia fu fondata nel 1768 e nei primi
“Atti” vennero pubblicati diversi studi relativi alla matura-
zione delle uve, bianche e nere, ai metodi per preservarle dai
danni causati dalle nebbie, alla potatura delle viti ecc.
All’epoca, in ogni zona proliferava una miriade di viti-
gni, che erano stati introdotti senza alcuna attenzione per la
tipologia dei terreni e spesso anche senza alcun riferimento,
nei documenti, al vitigno di provenienza.
Un quadro della situazione padovana delle uve del seco-
lo XVIII ci viene offerto dal documento della Fraglia degli
osti 19) : «Li nomi da cui nel nostro vernacolo vengono distin-
te sono: l’Agostana producente assai mosto; la Paterasca uva
tenera che si unisce all’agostana ed ha un po’ più forza; la Pa-
terasca dal pecolo rosso, la quale è un’uva forte quasi come la
Corbina; la Verdissega uva forte, ma garba; la Cenerente uva
delle tecnologie agrarie e delle colture nella terraferma veneta. Insegnò
agricoltura sperimentale all’Università di Padova.
Relazione senza data, quasi sicuramente d’epoca settecentesca, indi-
rizzata ai “Nobili Signori Presidenti delle Vettovaglie” e recante sul retro
la scritta “Rapporto agli Osti”.
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