UP Magazine Winter 2019 #1 | Page 26

IN SALA PROVE, DUE ANNI PRIMA… BY RAFFELLA V. POGGI STEPHEN “STEVE” JENSEN “Eccola! È arrivata”. Cerco di non farmi notare, ma la osservo. “Nina…”. Nina, si chiama; ha un cognome impronunciabile. Quella testa piena di ricci biondi è una ca- lamita per miei occhi. Se mi avvicino ab- bastanza posso toccarli. Ieri mi ha mollato uno schiaffone sulle dita… Non sembra interessata alle mie proposte. Anzi, non ha proprio capito che ci stavo provando. È vergine, lo ha detto suo padre. Come cazzo si fa ad arrivare vergine a ventun anni? Una vergine… non me la sono fatta mai, neppure Aileen in seconda media. Lei non era vergine. E quello stupido di Dalton continuava a punzecchiare, a prendere in giro perché Aileen Cooper non era proprio Charlize Theron, ma me la dava e me la ridava. E chi ero io per rifiutare? L’ho pestato per bene, Dalton, e poi le ho date a tutti quelli che sono arrivati a soccorrerlo. Era il mio migliore amico e mi ha perdonato tre giorni dopo, quando l’occhio blu ha co- minciato a diventare verdino. Una vergine… chissà com’è? «Steve!» «Sì?». Mi volto di scatto, Woody mi sta chiamando. «Stiamo aspettando te». Ora devo proprio sedermi alla batteria. La sala d’incisione è piccola, lei sta per uscire, ma UPmagazine | 26 devo toccarle i ricci: è una missione, la mia. Deve uscire ma io sono davanti alla porta, ho fatto il giro largo per ostruirle la strada. «Scusa, permesso». Cerca di scansarmi usando il portablocco che ha in mano per evitare il contatto con il mio corpo, non vuole toccarmi; siamo vicinissimi. Chino il volto e lo avvicino a quello di Nina. Lei sfugge il mio sguardo, e si volta leg- germente di lato. È imbarazzata. È tutta rossa. Mi scappa da ridere: chi cazzo arrossisce, al giorno d’oggi? Devo trattenermi dal riderle in faccia. «Devo uscire, voi dovete suonare», mi sussurra. «Sì, infatti, stiamo per suonare, e tu che ci fai qui?». La sto provocando, voglio vedere come reagisce. «Sto lavorando», risponde piccata. «Lavorando? Che fai, le pulizie?» «No! Lavoro per il signor Woods!» «Woody?», chiamo, mi giro verso gli altri. «Lavora per te, questa qui?» «Sì, l’ho assunta per uno stage, mi sembra di avertelo già detto», risponde Woody e ride. Ha capito. «Allora, Stage, resta pure», concedo, e non mi scosto. «Stage?! Non mi chiamo Stage!». «Okay, Stage, ma non urlare che ti si