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soprattutto perché i fili dei programmi erano tirati da marionettisti di prim'ordine: da Orson Wells a Boris Karloff, da Ray Bradbury al recentemente scomparso Harlan Ellison, fino all'ammiraglio Nelson degli sceneggiatori radiofonici, Arch Oboler.

Nel suo saggio Danse macabre Stephen King, classe 1947, racconta così il suo incontro con gli horror show radiofonici: «La mia prima esperienza di vero orrore venne per mano di Ray Bradbury; era l'adattamento di un suo racconto, Marte è il paradiso! su Dimension X. Fu trasmesso nel 1952, e a quei tempi avevo quattro anni. Chiesi di poterlo ascoltare, ma mia madre non concesse il permesso. "Lo danno troppo dardi", disse, "e sarebbe troppo sconvolgente per un bambino della tua età". [...] Strisciai comunque alla porta per ascoltare, e aveva ragione lei: era davvero sconvolgente. [...] Quella notte non dormii nel mio letto, ma nel corridoio, dove la luce vera e razionale della lampadina del bagno poteva illuminarmi la faccia».

Per quanto interessanti, alle nostre orecchie i nomi di queste trasmissioni emettono un suono stolido: nessuna di loro è mai approdata in Italia ed è difficile che qualche connazionale le conosca (solitamente si tratta di aficionados del tema horror particolarmente tenaci o nottambuli annoiati). Tuttavia esiste un evento che, sebbene sia germinato nell'humus di queste vecchie trasmissioni, ha avuto un'eco talmente vasta da essere ormai familiare anche per noi: il giorno il cui la radio annunciò l'arrivo dei marziani.

NEL 1938 ORSON WELLES e la sua compagnia Mercury Theater ottennero dall'emittente CBS lo spazio per un programma radiofonico settimanale intitolato Mercury Theater on the air. In ogni episodio veniva proposto un adattamento per la radio di classici della letteratura o comunque di opere estremamente popolari: Dracula di Bram Stoker, L'isola del tesoro di Robert Lewis Stevenson, Il Conte di Montecristo di Alexandre Dumas, Giulio Cesare di William Shakespeare, per non fare che degli esempi. Per la puntata del 30 ottobre Welles, non trovando nulla di meglio, decise di proporre un adattamento de La guerra dei mondi di H. G. Wells: l'idea era di adattare il romanzo dall'Inghilterra del 1897 agli Stati Uniti del tempo presente e di camuffare la narrazione da notiziario. Incredibile, ma Wells trovava l'idea davvero fiacca. Oggi tutti conoscono la storia di questo episodio della storia della radio, tuttavia bisogna precisare una cosa: a differenza di quanto siamo portati a credere, quello di Wells non fu né uno scherzo né un raggiro di alcun tipo, la trasmissione aveva la sua brava sigla e sia all'inizio sia alla fine del programma venne spiegato chiaramente che si trattava di un adattamento del romanzo di Wells. Eppure la narrazione dev'essere stata così ben costruita e l'interpretazione di Wells così convincente che un impressionante numero di ascoltatori - dal Tennessee al Minnesota - credette davvero di stare ascoltando la radiocronaca di un'invasione aliena.

PER RENDERE CREDIBILE l'adattamento, la trasmissione iniziava con della musica da ballo. Dopo qualche manciata di note veniva interrotta da questo annuncio: «Signore e signori, vogliate scusarci per l'interruzione del nostro programma di musica da ballo, ma ci è appena pervenuto uno speciale bollettino della Intercontinental Radio News. Alle 7:40, ora centrale, il professor Farrell dell'Osservatorio di Mount Jennings, Chicago, Illinois, ha rilevato diverse esplosioni di gas incandescente che si sono succedute ad intervalli regolari sul pianeta Marte. Le indagini spettroscopiche hanno stabilito che il gas in questione è idrogeno e si sta muovendo verso la Terra ad enorme velocità».

Dopo questo primo, sconcertante annuncio, riprendeva il programma di musica da ballo che però subiva una seconda interruzione: «Abbiamo subito inviato una speciale unità mobile e il nostro cronista, Carl Phillips, appena giunto sul posto, vi darà una completa descrizione del meteorite di Grover's Mill». Ogni pausa nella radiocronaca, ogni interruzione nella spensierata musica da ballo erano progettati ad arte per aumentare serratamente la tensione.

«Il terreno - riprendeva la voce di Wells - è coperto di frammenti di un albero che l'oggetto ha investito toccando terra. Ciò che posso vedere dell'oggetto non assomiglia molto a un meteorite, o almeno ai meteoriti che ho visto prima d'ora. Sembra piuttosto un grosso cilindro. [...] Non si tratta di un oggetto naturale, ma di un qualche manufatto».

Dopo qualche secondo di intollerabile attesa, con forte allarmismo la voce annunciava: «Un momento! Sta accadendo qualcosa! Signori e signore, è terrificante! L'estremità dell'oggetto comincia a muoversi! La sommità ha cominciato a ruotare come se fosse avvitata! La cosa deve essere vuota all'interno! [...] Signore e signori, è la cosa più terribile alla quale abbia mai assistito... Aspettate un momento! Qualcuno sta cercando di affacciarsi alla sommità. Qualcuno o... qualcosa. Nell'oscurità vedo scintillare due dischi luminosi. Sono occhi? Potrebbe essere un volto. Potrebbe essere...» a questo punto la voce veniva sovrastata da un agghiacciante urlo di terrore.

FU TROPPO PER GLI ASCOLTATORI, rimasti fino a quel momento coll'orecchio incollato alla radio. Dopo meno di dieci minuti di trasmissione, buona parte del pubblico aveva abbandonato le abitazioni, si era riversato per le strade in preda al panico per poi rifugiarsi nelle chiese.

«Cominciammo a renderci conto - raccontò lo stesso Orson Wells alcuni anni dopo - che avevamo sottovalutato l'estensione della vena di follia della nostra America».

ANCHE STEPHEN KING dedica all'incidente del 1938 un paragrafo del suo saggio sui meccanismi dell'orrore: «Un'altra volta la mamma mi raccontò che una delle sue sorelle si era quasi tagliata le vene nella vasca da bagno durante la trasmissione The war of the worlds di Orson Wells. Non era stata una decisione presa in tutta fretta; stava guardando fuori dalla finestra del bagno e, disse più tardi, non aveva pensato di tagliarsi le vene fino a che non aveva visto le macchine di morte dei marziani affacciarsi all'orizzonte. Si potrebbe dire che mia zia aveva trovato troppo sconvolgente la trasmissione di Welles».