Tuttomondo 2018 Intolleranza | Page 18

Il suo corpo fu recuperato sulle spiagge allora deserte di Viareggio, e qui arso il 16 agosto dinanzi a Lord Byron, al poeta Leigh Hunt e al Capitano Trelawny. Su quella spiaggia nacque il mito delle sue opere, della sua breve vita e della sua morte, così incredibilmente romantica quasi che fosse stata studiata a tavolino, e del suo cuore uscito intonso dal rogo.

Ma nel 1821 tutto questo dolore è ancora lontano. Byron arriva a Pisa con gran seguito, accompagnato, come racconta Thomas Medwin nelle sue memorie, da sette domestici, cinque carrozze, nove cavalli, un bulldog, una scimmia, alcune galline e tre pavoni (ma pare che invece fossero oche!) Byron si innamora immediatamente del palazzo dove alloggia, e ne parla in termini entusiastici narrando che è abitato da fantasmi, affascinato dall’idea che gli antenati dei Lanfranchi fossero stati i persecutori del Conte Ugolino. Inoltre poco lontano dalla sua abitazione si era sistemata la sua amante, Teresa Gamba Guiccioli, che viveva con il fratello di simpatie carbonare.

Byron si sveglia tardi, perché ama lavorare di notte (sembra che scrivesse fra la mezzanotte e le tre del mattino e che alimentasse la sua vena poetica con forti liquori), si alza verso le 11 del mattino e consuma una piccola colazione, sempre di magro perché sostiene che la carne rende feroci. In realtà sembra che la sua vera ossessione fosse invece quella di ingrassare, ne era terrorizzato, e così si nutriva pochissimo e si esercitava ossessivamente nel nuoto per restare in forma perfetta. Nel pomeriggio cavalca nelle campagne attorno alla città, a volte fino al mare, spesso in compagnia degli altri residenti inglesi e di Shelley, e a sera si reca a casa Gamba. Sono mesi di tranquillità e lavoro, turbati solo dall’incidente verificatosi il 21 marzo del 1822 con il Sergente Masi della milizia locale: una rissa per motivi di cavalleria degenera rapidamente in un grosso scontro fra i servi di Byron e la milizia, Masi finisce accoltellato e sopravvive per miracolo.

Forse fu questo il motivo all’origine dell’abbandono della città, ma più probabilmente fu la morte di Shelley, unita alla sua smania bramosa di una vita più eroica e romantica, che condusse Byron lontano, dapprima a Genova, sempre seguito da Teresa Gamba Guiccioli, e da lì in Grecia, in soccorso di un popolo che cercava l’indipendenza. Byron era assetato di libertà, la sua e quella dei popoli, e così parte carico di ideali su un vascello inglese, l’Ercole, da lui stesso armato e rifornito. In Grecia però la situazione è caotica, e da Cefalonia, dove è sbarcato, viene chiamato a gran voce in soccorso dal governatore di Missolungi, al centro di una zona allora malsana, situata fra due lagune e la foce di un fiume. Qua la sua storia si conclude tristemente, vi morirà infatti il 19 aprile del 1824, ma non in battaglia, bensì di febbre cerebrale.

La sua morte fu pianta in tutta Europa.

Non torturarmi più, memoria mia, tutto il presente è divenuto oscuro; finite ormai le mie speranze d’una beatitudine futura, vela il passato per misericordia!

G. Byron, Epitaffio

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come il jazz (la musica negra), e quella che rompe con la tradizione musicale nazionale, la cosiddetta musica modernista, il cui rifiuto per le forme va in contrasto con la continua ricerca di kosmos e taxis da parte del partito. Nella prima categoria rientrano compositori come Ernst Krenek, nella seconda i «bolscevichi minori», come Alban Berg, Paul Hindemith, Anton Webern, Igor Stravinskij e altri.

La mostra in sé ebbe un certo successo: all'interno dello spazio dell'esposizione erano installate sei cabine dotate di cuffie con cui il pubblico poteva ascoltare non alcuni esempi della presunta musica degenerata. Paradossalmente, quella si è dimostrata per il pubblico un'occasione per ascoltare brani che non venivamo più eseguiti o trasmessi da cinque anni: ad esempio molti ricordano una lunga coda alla cabina dedicata a Kurt Weill, dove si poteva ascoltare la sua Opera da tre soldi.

Va anche detto che la mostra non ebbe lunga vita (tre settimane), e se Hans Ziegler sperava di farsi amico Goebbels probabilmente aveva fatto male i suoi conti: l'esposizione non piaceva molto al ministro della propaganda (difatti Goebbels preferiva utilizzare la Reichsmusikkammer come mero strumento di controllo dei programmi da concerto, non come istituto dottrinale), inoltre «sulla mostra della musica degenerata del dottor Zeigler - commentava Goebbels - stanno convergendo numerose critiche. Farò togliere le sezioni più spiacevoli».

Parlando del lavoro della Reichsmusikkammer, c'è un altro aspetto da considerare: non solo le musiche di autori ebrei erano sottoposte a censura, ma anche quelle di autori gentili che però si avvalevano di testi di scrittori ebrei. Un caso particolarmente scottante è quello del trittico Nozze di Figaro - Don Giovanni - Così fan tutte di Mozart, che aveva libretti scritti dall'ebreo Lorenzo Da Ponte. Solitamente in Germania i tre titoli venivano eseguiti in lingua tedesca, ma nella traduzione dell'israelita Hermann Levi. In questo caso era intervenuto direttamente il già citato ufficio di Rosenberg, commissionando Siegfried Anheisser una nuova traduzione e nascondendo così la polvere sotto al tappeto. Rosenberg aveva anche iniziato a muovere qualche passo verso "l'arianizzazione" degli oratori di Händel, ma non ebbe mai luogo a causa della forte opposizione mossa proprio dalla Reichsmusikkammer. Naturalmente ci sono state altri curiosi controsensi: i testi del giudeo Heine erano assolutamente banditi, ma la sua Die Lorelei aveva raggiunto una fama tale che era impossibile censurarla; la mossa tentata all'epoca era quella di farla passare come un canto popolare.

In definitiva, cosa accadeva ai compositori di musica degenerata? Se di stirpe ebraica venivano perseguitati e, se si riusciva ad arrestarli, spediti ai campi di concentramento; tra di loro, chi poteva fuggiva all'estero (è il caso di Schönberg e Kurt Weill). La musica jazz, in quanto di origine negra, subiva un'inflessibile censura. Anche i compositori "modernisti" tedeschi avevano vita grama, vedendosi sostanzialmente tagliati fuori dalla vita musicale nazionale. In particolare Schönberg e i suoi allievi venivano presi di mira dal regime: la musica di Webern è stata letteralmente messa al bando, la prima della suite sinfonica dalla Lulu di Berg si tramutò in una sommossa e la sua musica per tutta la durata del Terzo Reich semplicemente scomparve. Una sorte analoga lo accomuna al collega Paul Hinemith, nonostante un iniziale apprezzamento da parte del partito.

I compositori "modernisti" stranieri invece avevano un destino meno definitivo (anche per ragioni di diplomazia).

Stravinskij, che pure era colpito esplicitamente dalla mostra di Ziegler (una delle sezioni era dedicata esclusivamente a lui), grazie anche al proverbiale fiuto per gli affari, ha sempre trovato il modo di farsi eseguire regolarmente in Germania per tutti gli anni '30 e facendosi addirittura spedire i diritti d'autore direttamente alla sua residenza di Parigi. Bartók, che pure era notoriamente avverso al nazismo e rispondeva ai canoni del "modernismo" di cui erano tacciati i suoi colleghi tedeschi, non è mai stato incluso nella musica degenerata in quanto ungherese e l'Ungheria era un prezioso alleato della Germania e la sua musica poteva continuare a circolare nelle sale da concerto tedesche. Bartók è stato anche uno dei pochi musicisti non tedeschi a schierarsi apertamente contro la mostra di Ziegler: dopo aver scoperto con gran stupore di non far parte dei musicisti degenerati, chiese perché non fosse assieme ai suoi amici Berg e Weber.