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creativo che eleva l’uomo dall’ordinario, realizzandone l’intenso bisogno di spiritualità e innalzandone lo spirito al di sopra della gravità terrena e della dura realtà, verso un Oltre che ne illumina il cammino.

I Cristiani hanno usato le immagini fin dall’inizio della loro storia, realizzando i semplici dipinti delle catacombe, le sculture dei sarcofaghi e le statue del Buon Pastore, ma dopo il II Concilio di Nicea la ristabilita possibilità di raffigurare Dio e tutta la storia dell’Antico e del Nuovo Testamento ha fatto sì che in tutto l’Occidente fossero creati capolavori sublimi: il Cristo Pantocratore di Monreale, il Trionfo della Morte di Buffalmacco, la Cappella degli Scrovegni di Giotto, le Madonne del Bellini, le Annunciazioni di Simone Martini e Leonardo, le Crocifissioni del Mantegna, il Cristo Risorto di Piero della Francesca, mentre intanto venivano elevate cattedrali che sfidavano la gravità, e conventi e monasteri di proporzioni perfette. L’elenco sarebbe lunghissimo e inutile, ma l’Occidente non sarebbe quello che è, nel bene e nel male, senza questo immaginario visivo in cui per secoli ci siamo confrontati. Inoltre, oltre a soddisfare un intimo bisogno dell’uomo, la rappresentazione visiva dei momenti più salienti della Bibbia e dei Vangeli serviva a portare la parola di Dio a un popolo composto essenzialmente da analfabeti, e quindi l’arte sacra era anche un potente mezzo di conversione e conoscenza.

Nuove minacce per le immagini sacre si addensarono però a partire dal XVI secolo, quando lo sfarzo eccessivo della Chiesa e dei suoi ministri generò vari movimenti di protesta, soprattutto nell’Europa del Nord. Il primo di questi movimenti fu promosso intorno al 1517 da Martin Lutero, un monaco tedesco che, tuonando contro il lusso sfrenato del papato e la vendita delle indulgenze, dette inizio a una riforma incentrata sulla parola di Dio e sulla morigeratezza dei costumi.

Le sue teorie furono ulteriormente elaborate da Giovanni Calvino, che volle sopprimere tutte le cerimonie di culto, l’altare, i crocefissi, sostenendo che nelle chiese non dovevano esserci né ornamenti né immagini. Da qui nuove distruzioni di dipinti e suppellettili sacre, e guerre religiose, che peraltro nascondevano lotte di potere e lacerarono l’Europa del XVI e XVII secolo. Uccisioni, stragi, dolore, dalla tristissima notte di San Bartolomeo, quando tra il 23 e il 24 agosto del 1572 i protestanti francesi, detti Ugonotti, furono massacrati a migliaia su ordine di Caterina de’ Medici, alla Guerra dei Trent’anni, che infiammò l’Europa Centrale dal 1618 al 1648. Finalmente la pace di Vestfalia del 1648 pose fine a tali nefandezze, confermando che i cittadini potevano scegliere fra tre culti, quello cattolico, quello calvinista e quello luterano. Così i Protestanti si tennero le loro chiese bianche e pulite, mentre i Cattolici mantennero le loro ricchissime di candelabri, statue, colonne dorate, dipinti raffiguranti Dio, Angeli e Santi, fumi d’incenso e senso del peccato.

In compenso, i pittori del Nord Europa, non potendo più dipingere soggetti sacri, si specializzarono in ritratti, scene di vita, paesaggi e nature morte, ottenendo esiti altissimi. Pensando a Rembrandt, Vermeer o a Jacob J. Ruisdael viene proprio da dire che, come sempre, non tutto il male viene per nuocere.

Per qualche secolo si andò avanti abbastanza tranquilli (almeno in campo artistico) fino al Novecento, quando le grandi dittature sorte nel cosiddetto Secolo breve decisero di prendersela anche con l’Arte. Questa volta non fu la rappresentazione del Divino a causare le nuove distruzioni, bensì una concezione chiusa e strumentale dell’arte, che avrebbe dovuto rappresentare solo certi valori tradizionali: la bellezza, la forza, la salute, la razza! Di contro, tutto ciò che era nuovo (e in quei fervidi anni di nuovo ce n’era davvero tantissimo, ovvero Espressionismo, Dadaismo, Cubismo…) era considerato degenerato. Così, migliaia di opere vennero confiscate e distrutte, spesso in roghi purificatori, e in questo delirio si sono perdute opere di Chagall, Klee, Grosz, Kandinsky, Mondrian, Kokoschka, Dix, e molti altri. Tutto questo accadde non solo in Germania, ma anche in Russia: dato che tutto ciò che non era rappresentazione ufficiale del potere era da considerare arte degenerata, il regime Sovietico non si limitò a distruggere opere d’avanguardia o considerate borghesi, ma furono dati alle fiamme anche monasteri e icone antichissime, e gli ordini religiosi vennero cancellati e perseguitati.