PREMESSA
PRESENTAZIONE DEL RAPPORTO E DELLE PROPOSTE PER UNA
INNOVAZIONE AMBIENTALE DEL SETTORE DELLE COSTRUZIONI
Siamo a un passaggio di fase importante per il settore delle costruzioni, dopo una crisi
devastante durata 8 anni che ha lasciato senza lavoro centinaia di migliaia di persone.
Importante perché sono tanti e significativi i segnali positivi che si possono scorgere e la
sfida stia ora nell’accompagnare il settore verso un nuovo ciclo industriale incentrato sulla
rigenerazione urbana. E di nuova fase dobbiamo parlare perché davvero si può ridefinire il profilo del settore per tornare a creare lavoro nella rigenerazione del patrimonio
edilizio e in una prospettiva di adattamento al clima e messa in sicurezza del territorio.
Non è uno slogan o un sogno quello di far tornare il settore delle cos truzioni al peso che
storicamente ha sempre avuto per l’economia e il lavoro in Italia. Del resto in Germania,
dove la scelta di ridefinire il profilo del settore è stata presa da tempo, e portata avanti
coerentemente, non solo non si sono persi posti di lavoro ma si sono migliorate competenze e creata una nuova filiera imprenditoriale. La terapia della rigenerazione può
funzionare in Italia proprio perché sono notevoli i cambiamenti già avvenuti. In questi
anni di crisi il settore delle costruzioni non si è infatti solo ridimensionato ma ha anche
spostato il proprio baricentro verso il recupero che oggi rappresenta circa il 70% del
mercato complessivo. Oggi sono le politiche europee ad aiutarci nell’individuare una
rotta fuori dalla crisi. Del resto è merito delle Direttive l’esistenza in Italia di obiettivi di
prestazione energetica per le nuove costruzioni (che oggi riguardano sia i comportamenti
invernali che quelli estivi) e una chiara traiettoria verso costruzioni “near zero energy” dal
2021. Ed è sempre grazie alle Direttive in materia di efficienza che disponiamo di un
quadro di obiettivi e strumenti di intervento che riguarda anche la riqualificazione degli
edifici esistenti. Inoltre, sono diversi gli strumenti di finanziamento che l’Unione Europea
mette a disposizione dei Paesi in materia di efficienza energetica, tra fondi strutturali
2014-2020 e Piano Juncker, Direttive. Senza considerare che la rotta per i prossimi
anni è chiaramente tracciata dopo la conclusione della COP21 sul clima a Parigi, dove
l’accordo vincolante sulla riduzione delle emissioni di CO2 porterà l’Unione Europea a
rivedere obiettivi e strumenti per accelerare la transizione. A motivare il cambio radicale
delle priorità è l’idea che l’edilizia rappresenti davvero oggi un settore strategico per
l’economia e lo sviluppo e che il suo profilo debba essere ridefinito per migliorare non
solo qualità e prestazioni degli edifici, ma anche per scongiurare i rischi crescenti per le
persone e il territorio legati ai cambiamenti climatici. E’ inoltre sempre più evidente come
intervenire sulle prestazioni energetiche degli edifici sia una scelta che produce vantaggi
locali, in termini di minore inquinamento, e per l’economia attraverso la riduzione della
spesa energetica delle famiglie che mediamente tra elettricità e riscaldamento si aggira
in Italia tra i 1500 e i 2000 Euro all’anno.
Come si sta attrezzando il nostro Paese di fronte a questo nuovo scenario? Può sembrare
strano ma il problema fondamentale non è quello delle risorse economiche. Perché tra
fondi europei e innovazioni nelle gestioni del patrimonio edilizio, legate alla riduzione
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