ALLORCHÉ SE NE CONOSCE L’AUTORE...
Un’opera artistica è vista, ammirata, perfino goduta,
osservandola per quello che è: un oggetto capace
di sprigionare emozioni, suggestioni, stimoli.
Ciascuno risente dell’empatia che essa produce in base
alla propria sensibilità, alla cultura individuale, al gusto soggettivo.
La crisi di certa arte odierna, soprattutto se lontana dai circuiti
commerciali, non a caso risente di un progressivo
e sempre più diffuso decadimento di questi fattori,
sia a livello dei singoli sia collettivo.
Personalmente trovo che un’opera d’arte sappia arricchire
ancor più chi vi si accosta allorché se ne conosce l’autore.
Non è una condizione necessaria, certo, ma un valore aggiunto,
perché il vissuto, il pensiero e le scelte di vita di chi ha concepito
e prodotto l’opera vi conferiscono un tratto peculiare.
Dopotutto in questo sta la differenza tra la creazione personale
e la produzione seriale: l’unicità e l’inimitabilità dell’essenza vera.
In questo specifico caso mi viene spontaneo evidenziare
quanto l’artista abbia plagiato il lavoro con la propria anima.
Un plagio benevolo del quale l’esserne consapevoli ci consente
di leggerne le scelte con un occhio di riguardo, un po’ come
l’avvicinare una lente d’ingrandimento su una mappa
permette di cogliere particolari altrimenti sfuggenti.
Il passato da gnomonista ha fatto la sua parte: a forza di dipingere
orologi solari, di restaurare motti allusivi al trascorre del tempo,
di elaborare meridiane che segnano il passaggio ciclico dalla luce
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