«Ricordami»
di Caterina Rondello
Camminando verso casa mi ero specchiata istintivamente nella
vetrina e vedevo quella ciocca di capelli mossi, un po’
scompigliati, che mi cadeva sul lato del viso e che ogni mattina
cercavo di sistemare alla meno peggio. Forse anche io in
passato ero stata come quelle ragazzine un po’ viziate che
camminano in gruppo, ridacchiando del niente e che ora vedo
spesso passare quando, ferma in macchina, aspetto mia figlia
uscire da scuola. Anche lei, come loro, con i pantaloni troppo
bassi e la maglietta troppo corta.
Ma anche io, in fondo, alla sua età avevo le stesse velleità, non
molto approvate da mia madre. Ricordo che in quel periodo
avevo preso a frequentare una compagna di scuola, una tipa
strana con troppi orecchini ai lobi e un brillantino al naso. Mia
madre la definiva «estrosa», ma io sapevo benissimo che non
le piaceva e, forse, la frequentavo principalmente per questo.
Passavamo i pomeriggi in camera mia a ridere come sceme,
prendendo in giro questo o quel professore. Tutte le mie
giornate giravano attorno a questi piccoli pettegolezzi, ai
bigliettini preparati accuratamente per i compiti in classe da
passare, alla musica ad alto volume ed alle risate.
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