Pubblicazioni e documenti SOLDATI DI RIVOLTA NELLA PRIMA GUERRA MONDIALE

SOLDATI DI RIVOLTA NELLA PRIMA GUERRA MONDIALE Bertolt Brecht Generale, il tuo carro armato è una macchina potente Spiana un bosco e sfracella cento uomini Ma ha un difetto: ha bisogno di un carrista. Generale, il tuo bombardiere è potente. Vola più rapido di una tempesta e porta più di un elefante Ma ha un difetto: ha bisogno di un meccanico. Generale, l’uomo fa di tutto. L’uomo può volare e può uccidere. Ma ha un difetto: può pensare. A scuola, più volte, secondo programma, ho illustrato ai ragazzi le cause, le vicende e i personaggi del primo conflitto mondiale. La Triplice Alleanza, la Triplice Intesa, l’assassinio di Sarajevo e lo scoppio delle ostilità che vide fronteggiarsi, dal 1914 al 1918, da un lato la Germania e l’Impero Austro-Ungarico e dall’altro la Gran Bretagna, la Francia e la Russia. L ‘ Italia, come qualche scolaro sicuramente bene ricorderà, sarebbe entrata in guerra un anno più tardi. Come spesso accade nelle nostre contrade (e in tutte le parti del mondo) i partiti, la borghesia che aveva vissuto un periodo di pace e di benessere, gli industriali, il re e la corte, gli apparati militari, personalità della politica e della cultura, i direttori dei giornali nazionali e gli uomini di Chiesa (Benedetto XV definirà la guerra “un’inutile strage”) si suddivisero in interventisti e neutralisti. A nulla valsero le argomentazioni di chi sosteneva che il nostro Paese avrebbe ottenuto maggiori vantaggi territoriali ed economici se fosse rimasto all’infuori del conflitto. All’insaputa del Parlamento venne firmato a Londra un patto che impegnava l’ Italia ad entrare in guerra entro un mese per ottenere, a vittoria raggiunta, Trento, Trieste, l’ Istria, la Dalmazia, territori coloniali e via dicendo. Il 24 maggio 1915 i soldati presero a marciare “per raggiungere la frontiera” ma la gente comune, quella che abitava i nostri cortili e le nostre cascine, i contadini, gli operai e le donne avevano altro cui pensare: la fatiche quotidiane, la secolare povertà, la fame, le malattie, l’analfabetismo. Toccò a loro soffrire nei labirinti delle trincee, morire negli inutili assalti per conquistare le pietraie del Carso, resistere sul Piave e sognare un futuro migliore sfilando a Vittorio Veneto, tra i “brandelli di case”. In queste pagine il lettore si troverà coinvolto non senza emozione (è capitato anche a chi scrive quando si è trovato a consultare le preziose carte d’archivio) nelle storie di giovani e di famiglie, in vicende che gli studiosi chiamano “minori” e che non sono state riportate nei libri di scuola. I protagonisti della Storia (quella che si dovrebbe studiare in classe) sono i grandi 1