Pubblicazioni e documenti Il borgo sull'alta riva: Castrum Ripaltae Siccae. | Page 71
Ora, anche se ci farebbe molto piacere il poter dire che i due documenti sopra riportati si riferiscono al
nostro paese (e in una penuria così sconfortante, trovarne alcuni sarebbe una grossa fortuna), dob-
biamo invece concludere che quella Ripalta o Rivolta di cui si parla è una delle varie località della
zona di Crema che portano questo nome: forse si tratta proprio di quella Ripalta Nuova che viene
indicata da Luigi Coti Zelati a pag. 44 del suo libro su Palazzo Pignano.
I documenti riportano le testimonianze a favore delle due parti in causa: il Vescovo di Cremona Offre-
do e il Vescovo di Piacenza Tedaldo.
Siamo nel 1174, e Sant'Alberto è morto da poco meno di un anno nella sua sede vescovile di Lodi.
Osserviamo le date: nel 1143 (con la conferma papale, bolla di Lucio II del 1144) Alberto è nominato
prevosto di Rivolta. Il 5 aprile del 1168, Alberto faceva il suo ingresso a Lodi, come successore del
vescovo scismatico Alberico che, spogliato della sua dignità, si era rifugiato a Carrara, dove avrebbe
finito in breve i suoi giorni.
Dal '43 al '68, per un periodico di 25 anni, la più alta autorità religiosa in Rivolta è rappresentata da un
uomo che, oltre a godere della fama di santo, è considerato anche un buon intenditore in fatto di pro-
blemi amministrativi (Cazzamali, S. Alberto, 1925 pag. 128).
Se esaminiamo le dichiarazioni dei testi a favore del Vescovo di Cremona, troviamo che il prete Gio-
vanni di Ripalta sospinge i suoi ricordi a 34 anni prima, cioè si rifà al 1147; Lanfranco Zopo di Ripalta
parla di 30 anni e più; Merondo di Ripalta, di 40 anni; Daiberto da Limito, concordando con gli altri,
riporta le sue memorie a prima della distruzione di Crema, cioè a prima del 1160. Non è strano che
nessuno di loro, rievocando controversie e litigi anche clamorosi per il possesso di una chiesa, non
accenni mai ad Alberto Quadrelli che era il prevosto del luogo? Altrettanto vale per i testimoni a favo-
re del Vescovo di Piacenza: nessuno di loro mostra di essere al corrente dell'esistenza di un uomo che,
dopo tutto, aveva anche la fama di saper comporre liti assai più complesse e godeva della stima dell'ar-
civescovo di Milano, proprio quello che si troverà a far da giudice nella contesa tra i due episcopati di
Cremona e Piacenza.
Si noti poi che, quando il Vescovo di Piacenza nomina il suo procuratore in sostituzione di mastro
Porcello, si rivolge al prevosto di Palazzo, e che varie altre testimonianze vengono da residenti di
Bagnolo, di Palazzo, di Morengo, di Crema, di Sabbiono, di Montodine, e solo due dei testi sono
oriundi di Caravaggio e di Limito.
Oltre a queste ragioni, che potremmo definire interne, altri elementi contribuiscono a convincerci che
non si tratta di Rivolta d'Adda, ma di una delle Ripalte prossime a Crema. E sono: a) a Rivolta d'Adda
non c'è mai stata una chiesa dedicata a San Lorenzo; b) i Gisalbertini non hanno mai avuto nei loro
feudi il territorio rivoltano; e) la bolla di Alessandro III° afferma che la parrocchia di Rivolta era diret-
tamente dipendente da Roma, e sarebbe passata al Vescovo di Cremona soltanto alla morte del Prevo-
sto, e questo almeno fino al 1168, anno di emissione della bolla papale.
No, non si tratta di Rivolta d'Adda (la Ripalta Sicca della bolla di Alessandro III°). È un'altra Ripalta.
sul territorio di Crema: Ripalta Nuova, secondo quanto afferma il Coti Zelati (op. cit.); quella, e neppur
Ripalta Arpina, come per un po' avevamo creduto noi. In un altro documento, ma di 23 anni dopo,
compare il nome di Rivolta come paese d'origine del notaio Bergondio.
Il vescovo di Cremona Sicardo investe di un feudo il signor Lanzone di Corte o di Comazzo. Il feudo,
oltre al territorio, comprende anche la pieve di Bressanore; e Lanzone terrà il tutto “cum omni honore
et districto" (dove per "honor", espressione terminologica longobarda, si