Pubblicazioni e documenti Il borgo sull'alta riva: Castrum Ripaltae Siccae. | Page 66

mihi facere malum. Attamen ego exivi et dixi:” Quid vultis?” Illi dixerunt: “Cuius nomine stas hic et pro quo tenes istam ecclesiam?” Et ego respondi: “Per dominum meum, episcopum Cremone”. Et illi dixe- runt: “Dimitte eam, quia nostra ecclesia est”. Et audivi, quod tunc investiverunt Daibertum de Limidi de avocatia ecclesie per vectem hostii ecclesie, verumtamen ego nichil dimisi nec promisi illum Daibertum intromettere de aliquo et placitum non vidi de illa ecclesia inter ipsos episcopos. Isti missi de Placentia erant Otto monachus et Fradennonus clerici. Et ab annis XXVII supra audivi, quod ipsa ecclesia erat de episcopatu Piacentino, sed magis credo, quod sit de episcopatu Cremonę, quia decima sediminum et terarum ibi circumquaque est pro tribus partibus ecclesie Cremone vassallorum, et quarta est ecclesie ipsius sancti Laurentii, et in ea nunquam vidi clericum aut conversum per episco- pum Placentie. Et dixit se habere annos XLVII et plus. De ceteris idem, quod presbiter Iohannes, scilicet de offitiationibus. Lanfrancus Zopus de Ripalta iurato de tempore dixit per annos XXX et plus et asseruit de facto ipsius presbiteri Iohannes preter quo audivit de se dixit, et de ceteris idem, quod Orricus de Sabbiono cum quodam misso de Placentia venit in curtem ipsius ecclesie et fecerunt suas minas dicentes: “Neminem dimittemus hic, nisi steterit per episcopum Placen- te.” Merondus de Ripalta iurato dixit idem, quod Lanfrancus, preter quod de tempore dixit annos XL. Albertonus Protasii iurato dixi idem, quod Lanfran- cus. Daibertus de Limidi iurato dixit idem, quod presbi- ter Guilielmus de contradicione missorum episcopi Placentie et de investitura, quam sibi fecerunt; et dixit, quod fuit ante destructionem Creme, et nunc ex nuovo anni II sunt, quod episcopus Placentie investivit eum de illa ecclesia ut custodiret eam, sed non misit eum in tenuda, et deinde idem, quod Merondus. Ego Gualdricus Paliarius, notarius sacri palatii istos testes in presentia magisteri Filippi et Ugonis de Ozano atque Girardi camerarii interrogavi et mandato domni Galdini archiepiscopi perpetuavi et scripsi. Actum in Mediolano in palatio domni ar- chiepiscopi. SN Ego Andreas, Frederici imperatoris notarius, autenticum huius exempli vidi et legi et sic inibi continebatur, ut in isto legitur exemplo nil plus minusve preter litteram vel silabam, et signa et nomen notarii et hoc exemplavi. 45-Testimonia, a testibus episcopi Piacentini de eadem lite praestita. Adnexae sunt litterae episcopi, Galdino, archiepiscopo Mediolanensi stavo lì, due Messi di Piacenza vennero nella corte di quella chiesa, e dissero: "Dov'è il chierico di questa chiesa?" E mia madre non voleva indicare me, per- ché aveva paura che mi facessero del male. Tuttavia io venni fuori e dissi: "Che cosa volete?" Quelli dissero: “In nome di chi tu stai qui e per chi tieni questa chiesa?” E io risposi: "Per il mio Signore, il Vescovo di Cremona”: E loro dissero: "Lasciala, perché la chiesa è nostra”. E ho sentito che allora investirono Daiberto di Limito della avocazione della chiesa per mezzo della sbarra delle porte della chiesa, tuttavia io non abbandonai niente né promisi di intromettere quel Daiberto riguardo ad alcunché e non vidi il placito di quella chiesa tra gli stessi Vescovi. Questi Messi di Piacen- za erano i chierici Ottone monaco e Fradennono. E da oltre 27 anni ho sentito che quella chiesa era dell'episcopato piacentino, ma sono più convinto che sia dell'episcopato di Cremona, perché la decima dei sedimenti e delle terre lì tutto all'intorno è per tre parti dei vassalli della chiesa di Cremona, e la quarta è della chiesa dello stesso San Lorenzo, e in essa non vidi mai un chierico o un converso da parte del Vescovo di Piacenza. E disse che aveva 47 anni e più. Riguardo alle altre cose (disse) lo stesso che (aveva detto) il prete Gio- vanni, cioè delle offìciazioni. Lanfranco Zopo di Ripalta sotto giuramen- to,.riguardo al tempo, disse per 30 anni e più, e asserì in quanto al fatto dello stesso prete Giovanni questo, che il prete Giovanni disse di sè, e per le altre cose lo stesso che (aveva detto) il prete Giovanni, salvo che udì che Orrico di Sabbiono insieme ad un certo Messo di Piacenza venne nella corte della stessa chiesa e fecero le loro minacce dicendo: “Non lasce- remo qui nessuno, se non vi starà da parte del Ve- scovo di Piacenza". Merondo di Ripalta sotto giuramento disse la stessa cosa, che (aveva detto) Lanfranco, salvo che per il tempo disse 40 anni. Albertone di Protasio sotto giuramento disse la medesima cosa di Lanfranco. Daiberto da Limito sotto giuramento disse la mede- sima cosa che (aveva detto) il prete Guglielmo sulla contestazione dei Messi del Vescovo di Piacenza e dell'investituta che a lui fecero; e disse che fu prima della distruzione di Crema (prima del 1160), e ora ex novo sono due anni che il Vescovo di Piacenza lo investì di quella chiesa perché la custodisse, ma non lo mise nella tenuta, e in seguito la medesima cosa che (aveva detto) Merondo. Io Gualdrico Paliario, notaio del sacro palazzo, interrogato questi testimoni in presenza di mastro Filippo e di Ugone da Ozzano e di