Pubblicazioni e documenti Il borgo sull'alta riva: Castrum Ripaltae Siccae. | Page 56

convocò il Clero per la risposta". Il Cazzamali e il Lattuada, con una certa ironia, commentano la drammatica discussione che si ebbe tra i maggiorenti lodigiani in quella circostanza. Accettare, c'era pur sempre da temere la vendetta del Barbarossa; rifiutare, c'era il pericolo di tirarsi addosso le ire delle città lombarde collegate ormai tutte insieme contro l'imperatore e i suoi sparuti sostenitori. Federico era terribile, ma era lontano; le città della Lega non usavano metodi più caritatevoli - usuali del resto a quei tempi - e in più erano vicine. Visto che il Papa li proscioglieva dal giuramento di fedeltà, e che, a buon conto, ripeteva per bocca dei Messi dell'Arcivescovo Galdino le minacce di interdizione, si risolsero ad accettare. Seguiamo la vicenda attraverso le parole di un testimone oculare, il continuatore anonimo di Acer- bo Morena (pag. 216,217,218): (Marzo 1168). "... renuentes ac si facerent, maximum dedecus et obprobrium sibi fore putantes; timentes etiam sententiam et preceptum archiepiscopi, sive iustum sive iniustum foret; revolventes etiam ac dicentes inter eos, quod, si hoc facerent et papa Paschalis atque imperator quoquo tempore adhuc victores exsisterent, quod ipsi in perpetu- um et sine ulla spe recuperationis damnarentur ac de omni ipsorum virtute penitus eicerentur; si vero hoc facere supersederint, quia tunc papa Alexander in his partibus quasi victor extiterat et Mediolanensis archiepiscopus… ... (sic) tum propter ipsum papam Alexandrum, tum etiam civitates Longobardiae fere omnes insimul coniuratas, quoniam sciebant, quod, si a Laude expellerentur, in Longobardiam nullum ulterior habitaculum aut locum, in quo se re- ducere valerent, habere possent. Dubiis angusti- is utrinque diu et satis hinc inde revolutis tan- dem cum nullam misericordiam, nisi hoc ager- ent, in iam dicto archiepiscopo invenire per se nec per alios multos ab eis admissos invenire potuerunt, licet hoc cum magno dolore egissent, tamen, quia turpiter vivere dedecus est ac male mori deterius est, magis bene vivere et in patria ac domibus eorum morari elegerunt atque in papa Alexandro credere eiusque parti favere ac episcopum novum secundum archiepiscopi voluntatem eligere disposuerunt quam mundum nudi circumeundo fame et siti perire atque obprobrium et dedecus ab omnibus sustinere; preponentes etiam sibi imminens ac presens bonum ac dubiam vitam penitus relinquentes”. "... rifiutando, e, se lo facessero, restando convinti che ciò a loro sarebbe tornato di gran- dissimo disonore e vergogna; nel timore anche della sentenza e del precetto dell'arcivescovo, giusto o ingiusto che fosse; rimuginando e dicendo anche tra di loro che, se ciò facessero, nel caso che in qualsiasi momento il papa Pa- squale (= antipapa) e l'imperatore riuscissero ancora vincitori, sarebbero stati perduti per sempre e privi di qualsiasi speranza di risolle- varsi, e sarebbero stati irrimediabilmente spo- gliati di ogni loro prerogativa; se invece avesse- ro soprasseduto su questa decisione, poiché il papa Alessandro in quelle fazioni era risultato ormai vincitore e l’arcivescovo di Milano... ... (manca nel testo) sia a causa del papa Ales- sandro, sia anche a causa delle città della Lombardia quasi tutte contemporaneamente legate da giuramento, poiché sapevano che, se fossero cacciati da Lodi non avrebbero trovato nessun ulteriore rifugio o luogo ove potessero trovare ricovero. Tormentati quindi da dubbiose angustie a lungo e in un senso e nell'altro rime- ditate, finalmente, quando capirono di non poter ottenere - se non avessero fatto ciò -nessuna clemenza nel già detto arcivescovo nè per opera propria nè per intervento di molti altri da loro inviati come intermediari, pur avendo fatto ciò con grande pena, tuttavia, poiché il vivere tur- pemente è disonorevole e morire malamente è ancor peggio, scelsero di vivere bene sia nella loro patria sia nelle loro case, e di credere nel papa Alessandro e di approvare il suo partito, e disposero di eleggere un nuovo vescovo secon- do la volontà dell'Arcivescovo, piuttosto che perire di fame e di sete andando nudi in giro per il mondo e sopportare da parte di tutti l'offesa e il disonore; proponendosi anche il bene immi- nente e presente, e abbandonando definitiva- mente un modo di vivere precario".