Pubblicazioni e documenti Il borgo sull'alta riva: Castrum Ripaltae Siccae. | Page 42
chivio parrocchiale di Rivolta, affronta con serietà e molto equilibrio il problema e – movendo da iniziale
scetticismo - perviene alla convinzione che la Bolla di Lucio II° è autentica: né si stupisce che l’originale
sia andato perduto (se nel Medio Evo si ebbe grande rispetto per i documenti antichi che vennero conser-
vati con molta cura, altrettanto non si può dire - e su questo punto dobbiamo purtroppo convenire con
l'opinione espressa da molti ricercatori e studiosi - dei secoli successivi, durante i quali l'ignoranza seppe
trovare il suo degno corrispettivo nel disprezzo più sovrano e deleterio per le cartacce dei secoli bui e
dell'oscurantismo medievale).
Il Vescovo Pagani ricorda: 1) che solo il conte Pellizzaroli -preposto di Rivolta dal 1683 al 1725 - ne
aveva fatto una copia da annettersi alla Vita di S. Alberto da lui scritta, e andata perduta; 2) che esaminate
le Bolle dei Papi Urbano, Pasquale, Callisto, Innocenzo e Celestino, non se ne trovava una che si riferisse
alla Chiesa di Rivolta; 3) che soltanto nella Bolla di Papa Alessandro III° si poteva desumere che i privi-
legi esistenti un tempo erano implicitamente riconosciuti dalle affermazioni contenute proprio nelle
espressioni di Papa Bandinelli rivolte al Vescovo cremonese Offredo degli Offredi; 4) che - ad onor del
vero -ben altre Bolle papali riguardanti "oggetti di maggior importanza" non erano state reperite dal Coc-
quelines, mentre negli archivi ne esistevano magari gli originali o almeno le copie autentiche; 5) che molti
fatti oscuri - al di là delle distruzioni intervenute in seguito ad eventi bellici -e molti inconfessabili ma-
neggi tra prevosti e Canonici potevano aver suggerito a qualcuno l'idea di far sparire un documento che
poteva danneggiare o anche invalidare le pretese di qualche ambizioso; 6) che infine - a parte il tipico
linguaggio e la struttura formale (e chi l'ha tradotta in italiano ne sa qualcosa), manca il "cui prodest" per
affermare che il documento sia stato compilato in tempi successivi per suffragare diritti che una Bolla
papale - e sicurissima, questa volta - di quarant'anni dopo riconfermava implicitamente.
In base a ciò, il Vescovo Pagani concludeva che non c'erano buone ragioni per ritenerla apocrifa, ma
c'erano troppe buone ragioni per considerarla invece assolutamente autentica: e in questa convinzione si
attestava definitivamente, buttando a mare ogni sua iniziale diffidenza.
A dar forza a chi è di parere contrario rimane solo il fatto che la Bolla originale non c'è, o, diciamo noi,
non è ancora stata trovata. Ma se si segue troppo rigorosamente questa strada, quanti personaggi e fatti del
passato andrebbero cancellati senza preoccupazione alcuna dalla Storia, a cominciare da... ma non fac-
ciamo nomi, per evitare che ci tocchi qualche scappellotto (per dirla col Manzoni!).
Detto questo, passiamo alla Bolla di papa Alessandro III°. È del 1168, redatta il 29 di maggio. Sant'Alber-
to Quadrelli, a cui è indirettamente destinata, era già stato nominato Vescovo di Lodi, e il giorno 4 di
Aprile aveva fatto il suo ingresso ufficiale -accolto con grandissima gioia ed entusiasmo - nella cattedrale
di San Bassiano (vedi: Continuatio Anonymi Ottonis Morenae Historiae, M.G.H., Berlino 1930, pag.
218). Quanto stabiliva il papa Alessandro III°, riguardava dunque ormai il successore di Sant'Alberto: ma
è fuori dubbio che certi privilegi erano il frutto della fedeltà del prevosto di Rivolta alla Santa Romana
Chiesa in tempi in cui era stato molto comodo per altri passare dalla parte degli Antipapi imposti dal
Barbarossa per esorcizzarne le ire funeste.