Pubblicazioni e documenti Il borgo sull'alta riva: Castrum Ripaltae Siccae. | Page 35

Ci troviamo così di fronte a un problema non da poco: i tre benefattori, offrono in dono quattro pertiche di terra ad una chiesa che già esiste ed è dedicata a S. Ambrogio e a S. Benedetto; sedici anni dopo, Erminza e altre pie donne acquistano un pezzo di terra presso il “castrum” di Rivolta, intraprendono la costruzione di una chiesa e di un monastero sotto l'invocazione (cioè sotto il titolo) di Sant'Ambrogio e di altri due santi: non più San Benedetto, ma i santi Naborre e Felice. Ma probabilmente, la chiesa, comunemente nota col solo nome di S. Ambrogio, doveva già esistere nel 1090, sia pure in lenta fase di costruzione, ed Erminza (con le sue compagne) con l'atto del dicembre 1106 si metteva al sicuro da invadenze esterne, obbligandosi a pagare alla sede apostolica un annuo cen- so, pari a quello che alla medesima sede già versava la chiesa parrocchiale di San Sigismondo, e garan- tendosi in tal modo la protezione di Roma contro le mire dei vicini episcopati lombardi. Erano tempi quelli, del resto, nei quali le giurisdizioni religiose nella Geradadda erano molto fluttuanti, come è espresso molto chiaramente dallo storico Santagiuliana nel suo "Caravaggio, profilo storico": "Così vario intrecciarsi di interessi", (episcopato bergamasco, vescovi di Cremona, feudatari minori - n.d.r.) "di ambizioni e di forze doveva portare ad una situazione locale aggrovigliata ed è infatti ciò che si constata quando si cerchi di ricostruire, con un minimo di attendibilità, i mutamenti di giurisdizione civile e religiosa del periodo; assunto reso più difficile dalla mancanza di molti documenti probatori, dall'e- sistenza di testimonianze contraddittorie e infine dal fatto che talora i poteri erano incerti, caduchi e, in qualche caso polverizzati in quella che non solo per noi, ma anche per gli uomini di quel tempo, sembra essere stata una notevole confusione." (pag. 10). E aggiunge poi nella nota 10 a pag. 21 : "Basti, ad illu- strare l'affermazione, l'esempio della chiesa di S. Pietro a Rivolta d'Adda. Nel 1174 si istruiva davanti a Galdino, arcivescovo di Milano, un processo inteso a chiarire se essa fosse dipendente dal Vescovato di Cremona o da quello di Piacenza. Nessuna delle due parti era in grado di produrre documenti, ma ambe- due citavano testimonianze di preti e di laici i quali " avevano sempre ritenuto" o avevano sentito dire che la stessa chiesa apparteneva ad un vescovo o all'altro.(Annuskui -Roxdenstuenskaia: Aktij Kremonij XXIII Vescov. Leningrado 1937)." Ritorneremo su questa nota del Santagiuliana, che pur avvalorando ciò che lo storico afferma, non ci convince per quanto riguarda la località, che noi non riteniamo sia Rivolta d'Adda, ma una delle varie Ripalte esistenti nel territorio di Crema. Prima di affrontare il periodo storico che dalla metà del sec.XII giunge fino alla pace di Costanza ( 1183), e che vede campeggiare la gigantesca e trista figura del Barbarossa nella storia d'Italia e d'Europa, e per contro - nella modesta storia di Rivolta - vede brillare la figura sacra e benigna di Sant'Alberto Quadrelli, che fu prevosto nella sua terra nativa (con buona pace di Fra Celestino da Bergamo, il quale gli volle dare a tutti i costi i natali nella propria città) e poi vescovo di Lodi dal 1168 al 1173, anno della sua morte, ci sembra indispensabile trattare -sia pur brevemente - dell'esistenza (e successiva distruzione) della "Dioce- si di Parrasio", perché il fatto potrebbe spiegare l'aggrovigliata situazione religiosa - s'intende in termini giurisdizionali - della Geradadda a cavallo del secolo XII, e l'apparire proprio in quegli anni dei documen- ti che riguardano Rivolta, Dovera e Farinate. E lascia