Pubblicazioni e documenti Il borgo sull'alta riva: Castrum Ripaltae Siccae. | Page 27

Gli avvenimenti che seguono, forse colpiscono solo per riflesso le nostre terre; ma è certo che le distru- zioni e le rapine toccate a città e paesi a noi vicini, i cui nomi sono passati alla Storia, non devono aver lasciato del tutto indenni anche i piccoli centri della Gera d'Adda, se è vero che i tragici eventi di quei quarant'anni che seguirono la morte di Teodorico, annullarono quasi del tutto la vita civile sul suolo lati- no. Prima è il conflitto che corrode, sotto sotto, la consistenza del regno ostrogoto e prepara l'inevitabile crisi; poi, la guerra ventennale (535-553) tra Goti e Bizantini, che vede una primitiva società di guerrieri dissanguarsi nelle grosse perdite derivanti da una inutile audacia combattiva contro un esercito organizza- to e un sistema perfezionato di governo. Le atrocità, da ambo le parti, non hanno confini. Milano e Melzo (alcuni dicono anche Gorgonzola) sono rase al suolo da Uraia, generale gotico agli ordini di Vitige. I bizantini di Belisario e Narsete rispondono alle distruzioni con le distruzioni, con le stragi alle stragi. Cadde così il regno dei Goti, ma l'Italia rimase profondamente affranta. "La fame ed un susseguirsi di pestilenze hanno spopolato intere regioni, nè sembrano esagerate le parole di Procopio che... documentano gli effetti dello scorbuto sulle misere popolazioni per effetto della denu- trizione" (F. Cusin, op. cit.). I Longobardi I regni romano-barbarici, che avevano tentato l'impossibile impresa di fondere il desiderio di violenza e di virtus militare dei germanici orientali con lo spirito di un popolo - romano o romanizzato - che nel campo pratico perpetuava il principio di una severa coscienza del dovere pubblico e di gravità nelle fun- zioni politiche, frutto inalienabile e insopprimibile di una lunga educazione stoico-cristiana, e che tale fusione si sforzarono di raggiungere nel rispetto del nome e delle istituzioni di Roma, non erano destinati a durare a lungo, e crollarono ben presto in Italia, in Francia e in Spagna. I Franchi nel Belgio e nel basso Reno, gli Alemanni nell'alto Reno e nella Svizzera, i Rugi e i Bavari nell'alto Danubio, e infine i Longo- bardi in Italia si insediarono nelle terre altrui, non più quali federati o sussidiati - come era avvenuto degli Eruli e dei Goti - ma come conquistatori di terre senza conoscere nulla o quasi della superiore civiltà dei vinti. Un'orda di invasori, dunque, più rozzi e selvaggi, prenderà il posto dei barbari di prima, "dominan- do senza alcun titolo di legalità, e ignorando ogni rapporto di diritto con lo Stato romano e ogni vincolo coi precedenti possessori della terra, valendosi della forza che sorge dalla cieca ignoranza dell'altrui valo- re e dei diritti della personalità altrui" (F. Cusin, op. cit.). Scomparso Narsete, il grande condottiero bizantino che aveva abbattuto il regno degli Ostrogoti, approfit- tando del disorientamento in cui erano venute a trovarsi le scarse milizie greche che presidiavano l'Italia, Alboino, re dei Longobardi (v. Paolo Diacono, Historia Longobardorum), muoveva verso le Alpi Giulie il 2 Aprile del 568, lasciando per sempre la Pannonia (corrispondente grosso modo all'Ungheria, più la Slavonia e la Bosnia), dove il suo popolo, di lontana origine scandinava, era vissuto per quarantadue anni, e, attraverso il passo del Predil, sbucava a Cividale del Friuli, spaventando quelle misere popolazioni già colpite dalle guerre dei Goti, dei Franchi e dei Bizantini. Nell'autunno del 569 Milano si arrese ad Alboi- no. Nel 572 questo re entrava in Pavia, dopo tre anni di assedio, e si stabiliva nel palazzo di Teodorico. Sembra che i Longobardi (così soprannominati dalle lunghe barbe, o dalle lunghe alabarde) non fossero una sterminata moltitudine: