Pubblicazioni e documenti Il borgo sull'alta riva: Castrum Ripaltae Siccae. | Page 25

infuriò a intervalli fino al 750. Sulla base della lunga e precisa descrizione di Procopio (P. di Cesarea, Le guerre: Persiana, Vandalica, Gotica), la cosiddetta peste di Giustiniano può essere identificata con certez- za come peste bubbonica” (Mc Neill, Op. cit.), il cui bacillo ha oggi il nome di Pasteurella pestis, e fu introdotta nell'area del Mediterraneo dai "ratti pestiferi", abili arrampicatori che non avevano certo diffi- coltà a salire a bordo delle navi mercantili provenienti dai porti bizantini, utilizzando i cavi d'ormeggio, e scendere a terra in un porto straniero, da dove la diffusione a macchia d'olio dell'infezione era inarrestabi- le, e letale per popolazioni vergini dal punto di vista immunologico e in stato di massima ricettività di fronte a qualunque malattia anche di media virulenza, se si tien conto delle condizioni generali di vita, ridotta ormai al puro livello di sussistenza. Possiamo quindi concludere che, per dirla col Mc Neill, "il percettibile scadimento del Mediterraneo come centro preminente della civiltà europea, e la maggior importanza acquisita dai paesi più settentrio- nali - uno scadimento che Henri Pirenne osservò e rese noto alcuni anni or sono - ebbe una concausa determinante nella lunga serie di pestilenze che infuriarono quasi soltanto nei paesi facilmente raggiungi- bili dai porti del Mediterraneo". La prima notizia esplicita che abbiamo del nostro paese è dell'anno 493. La riporta Bernardino Corio nella sua Historia Milanesa, pubblicata nel 1503 a Milano (parte I, cap. 5). Trascriviamo le parole del Corio. "In quel tempo, che fu l'anno del Salvatore CCCCXCIII, da Gelasio I pontefice, imperando l'ariano Ana- stasio, e sedendo Vescovo in Milano il beato Teodoro, succeduto a Dazio nella dignità, Alione, uomo prestante che dominava Angera con molte altre terre sul lago Verbano, fu insignito di ragguardevolissimi privilegi, de' quali molti sommamente antichi abbiamo noi stessi veduto; in qual modo fu eletto conte d'Italia, con autorità di poter costituire notaj e nunzj imperiali. Del pari che potesse legittimamente sepa- rare marito da moglie, ch'egli e i suoi discendenti potessero prendere la decima dai sudditi con obbligo di dare al papa e successori di lui la terza parte, ed ogni tre anni la vigesima al re de' Romani, promettendo loro di ajutarli contr o qualunque nemico. Similmente gli fu concessa l'amministrazione di questo (di Milano) contado insieme con Treviglio, Corte di Rho e Legnano, dove i frutti senza alcun obbligo potesse riscuotere. Egualmente volle il pontefice, che Gessate, Lissone, Pozzuolo, Castelletto, Vedano, Cantù e Varenna fossero Corte reale; poi diedegli la facoltà di poter riscuotere le decime a Rivolta, Caravaggio, Fara, Cologno, Casirate con la Valassina...". Il Santagiuliana (Op. cit.), pur mettendo in evidenza i numerosi errori contenuti nella pagina del Corio (nè tutti a lui imputabili, dato che anche nella Chronica Danielis, scritta prima del Trecento, sono presenti grosse inesattezze del genere, ed anche nei documenti "sommamente antichi" esaminati dal Corio devono esserci state delle sviste gagliarde, in fatto di nomi e di date, che lo storico milanese ha candidamente accettato), gli riconosce una sostanziale credibilità, con argomentazioni convincenti. Nell'anno 493, pur essendo Lorenzo e non Teodoro vescovo di Milano (Teodoro de' Medici, in "Gli anti- chi vescovi d'Italia” dalle origini fino al 1300 del Savio, figura già passato a miglior vita prima del 490), non è impossibile che Gelasio I abbia potuto nominare Alione "Comes Italiae" (che il Corio traduce con il termine improprio di "Conte d'Italia", mentre quel titolo, estraneo ad ogni idea feudale, va inteso come "governatore"; e per Italia si intende la parte settentrionale della penisola, quella retta cioè dal Vicariato di Milano, chiamato appunto Vicariato d'Italia), essendo quella del papa l'unica autorità in grado di