Pubblicazioni e documenti Il borgo sull'alta riva: Castrum Ripaltae Siccae. | Page 20

grande vallata, tra cui Melpum (14) ( ritenuta da alcuni l’attuale Melzo). Le cose non andarono così sem- plicemente. “Soltanto quando i nativi (vedi “Etruria Padana” di Mario Mirabella Roberti, in “Mostra dell’arte e della civiltà etrusca", Milano 1955) furono parte attiva della vitalità nuova che si era animata, solo allora potè essere costruita la ricordata dodecapoli etrusca, o meglio poterono essere fondate altre colonie etrusche nella valle del Po.(15) E va poi tenuto presente che l'espansione etrusca era più che dominio politico influenza culturale e commerciale, e influenza da "gruppo a gruppo", così che via via che le forme si trasmettevano si alteravano. "Comunque, gli Etruschi - dice Alfredo Passerini in "Questioni di Storia Antica", Milano 1952, pag. 124 - allargatisi dalla valle del Po fino alla Campania, recarono un potente impulso alla civiltà italica sia facen- dosi mediatori della grecità, sia diffondendo, insieme all'organizzazione della vita cittadina, le loro istitu- zioni religiose, politiche, economiche: essi fecero sorgere poderose mura di fortificazione, compirono opere di bonifica idraulica, promossero l'agricoltura. Giacché gli Etruschi... staccatisi dal mare, si addentravano nel retroterra e si aggrappavano al suolo, pene- trando nel cuore del paese conquistato". Il secolo dell'apogeo della storia etrusca (dalI'VIII al III sec. a.C.) fu il VI. Ma mancando essi di una organizzazione unitaria (le loro dodecapoli formavano una confederazione con scopi prevalentemente religiosi), andarono incontro ad un irreparabile declino, tanto che riuscirono a mantenersi nella valle del Po sino all'arrivo dei Galli, e nel sud perdettero le comunicazioni per terra con la Campania quando furo- no sconfitti dai Latini nel 506 a.C., e dai Siracusani nel 474 a.C.. Si ridussero così nell'Etruria tirrenica; ma le loro città, nel giro di due secoli, divennero progressivamente o colonie o alleate di Roma, finché (14) - Damiano Muoni, in "Melzo e Gorgonzola", nel 1866 affermava: "Melphum fu tra esse la più famosa per industria e per commercio, ma Plinio, il quale, sulla fede di Cornelio Nepote, ne ragguaglia di ciò, soggiunge che durante la quarta ed ultima invasione gallica venisse onninamente distrutta dai Boi e dai Sènoni, in quel medesimo giorno, in cui Furio Camillo espugna- va la magnifica e potentissima Vejo (394-390 a.C.). "E aggiunge nella nota: "Melzo grande, ricca e popolosa città veniva dunque per la prima volta distrutta circa due secoli dopo che Belloveso, precipuo duce dei Galli, desse tale consistenza a Milano da ecclissare ben presto la primogenita di lei vicina. "Ma poi riprende narrando: "Non andò guari che, sorretti dal santo amore di patria, i desolati abitatori di Melzo riedificarono sulle sparse macerie le loro case; ma scorsi alcuni secoli, la rediviva città subì la medesima sorte a cui l'ostrogoto Uraia ridusse Milano per ordine di Vitige nell'anno 539 dell'era volga- re. L'annientamento di entrambe durò allora fino all'XI secolo, in cui Milano risorse a più alti destini, e, meno favorita Melzo dalle mutate condizioni, si ricinse di mura, delle quali il borgo, appellato ai nostri giorni Melzo, lascia trasparire alcune vestigia. La radicale somiglianza del nome, la probabile identità del luogo inducono infatti a credere che Melzo altro non sia che la cospicua e dovizisa città di cui gli Etruschi avevano gittate le fondamenta fra noi". (15) - (Da Mario Mirabella Roberti, op. cit.; passim): Di questo peculiare aspetto della presenza etrusca in Val Padana sono documento le iscrizioni: di Garlasco, di Busca di Mombasiglio in Piemonte, di Vergiate (Varese), di San Pietro di Stabio (Canton Ticino), di San Bernardino di Novara, della Val Camonica, di San Lorenzo di Sebato (Trentino), di Sanzeno (Val di Non), di Milano (in via dei Ratti, ora via C. Cattaneo). Ma anche - vedi Santagiuliana, op. cit., pag. 42: "... già nel secolo scorso erano stati rinvenuti ad Arzago "idoletti" etruschi (La Cronaca Trevigliese, 1888). Recentemente vi si trovò un bronzetto, che doveva essere stato parte di un vaso o di altro oggetto simile, unitamente ad un pezzo di utensile ed a cocci di un’anfora: II bronzetto, che raffigura una persona accosciata, è indubbiamente etrusco e pare attribuibile al VI secolo a.C. Noi abbiamo rinvenuto... ceramiche e fibule bronzee, certamente romane, ma non di rado formate secondo tipi che si riscontrano nei reperti etruschi della Valle Padana".