Programmi di Sala Coin du Roi Programma Dittico Pergolesi | Page 54
Questi lutti devastanti – nel 1727 morì anche la madre, e poi,
risposatosi il padre, la matrigna dando alla luce il piccolo Pietro che
la seguì subito dopo nella tomba - dovettero suscitare nel giovane
un profondo senso di precarietà che, sebbene comune in quei secoli,
ne modellarono sensibilità e carattere, rendendolo introverso e
meditabondo. E una inclinazione naturale per la musica, che nella
pur piccola Jesi doveva essere patrimonio comune e, anche in
assenza di un vero e proprio teatro, si sentiva ovunque: nelle chiese,
nella cattedrale, presso le tante confraternite e monasteri che
animavano la vita religiosa e culturale cittadina. Grazie alla
protezione di nobili locali, il piccolo rieuscì a studiare violino e
composizione e dato che dimostrava un talento non comune, fu
aiutato dal ricco mecenate e marchese Cardolo Maria Pianetti a
entrare in uno dei quattro Conservatori di musica napoletani, quello
dei Poveri di Gesù Cristo.
L'esperienza partenopea lo segnò profondamente. Si trovava infatti
in una delle capitali mondiali della musica, legata ai nomi di
Francesco Durante, Alessandro Scarlatti, Nicola Porpora, che
avevano esportato in tutta Europa uno stile oramai inconfondibile.
Lo spiega bene il grande musicologo Francesco Degrada: “Quando
Pergolesi giunse a Napoli, attorno al 1723, la città si trovava da circa
quindici anni sotto il dominio austriaco; la dominazione asburgica
sarebbe continuata sino alla riconquista dell‟Italia meridionale e della
Sicilia, da parte dei Borboni di Spagna nel 1734, anni nel quale Carlo
III si insediò a Napoli proclamandosi Re delle due Sicilie. Il periodo
napoletano di Pergolesi si situa dunque in un momento di profonda
trasformazione del quadro politico, sociale e culturale della società
napoletana: un periodo di straordinario fervore in tutti i campi delle
arti e del sapere. Basti pensare che in questi anni esordì sulle scene
teatrali napoletane Pietro Metastasio, che Pietro Giannone scrisse
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