Pallavoliamo Maggio 2014 | Page 75

L’antico mestiere dell’allenatore non è mai semplice. A parole sembrano bravi tutti, tanto da poter dispensar consigli a Bonitta e Prandelli; a fatti il tecnico, a prescindere dallo sport, è una passione, una missione quasi sacerdotale. “La passione per la pallavolo è nata grazie ai miei fratelli maggiori Luigi, Mariano, Erminio e Damiana: prima ho praticato, come tutti i ragazzi, calcio e atletica, ma seguendoli è nato l’amore per questo sport. La missione è nata, quasi per caso, quando al mio paese mi hanno chiesto di seguire le squadre di pallavolo maschili”. Da lì è arrivata la chiamata di Orzinuovi che allora militava in serie C femminile (1996/1997), l’incipit di una straordinaria carriera. “Le donne hanno una tenacia diversa rispetto agli uomini, una tenacia che le porta ad affrontare i problemi giorno per giorno, una costanza e dedizione al lavoro incredibile. Conoscerle e capirle è una base solida per il rapporto di lavoro in palestra”. Maschile e femminile, divergenze parallele chiuse nel cuore della medesima passione per lo stesso sport. “La pallavolo è uguale ovunque, bisogna saperla interpretare ed amare. In Brasile, ad esempio, molti allenatori cambiano spesso e volentieri squadre a prescindere dal sesso. In Europa ed in Italia, invece, sembra quasi che ci si specializzi nella versione maschile o femminile dello stesso sport”. Il ruolo dell’allenatore è un lavoro difficile ma altrettante affascinante che divide in un lampo l’altare della gloria alla polvere del dimenticatoio. “Il rapporto con le persone con cui si lavora è fondamentale. Il confronto quotidiano con staff, dirigenza e atlete è essenziale; bisogna vivere lo sport nella sua gioia, drammaticità, nell’adrenalina nel preparare la gara, viverla, la trasferta, le emozioni che queste regalano. Non dipende dalle categorie, vivo allo stesso modo il punto della serie A come la gioia di una bambina che cresce in un torneo di minivolley o ad un camp 77