mattone dopo mattone, a mano a mano
che la giocatrice prende confidenza con il
terreno di gioco e con ciò che in esso riesce
ad esprimere.
L’inizio è precocissimo, il ruolo è da
predestinati: “Ho iniziato a giocare a sei anni,
la mia prima società si chiamava Rosa Grigia,
a Bizzozzero. Ho iniziato per gioco, e per
passione non ho mai smesso, perché il volley
mi diverte molto, anche senza giocarlo con le
mie amiche del cuore, come facevo un tempo.
Non sono mai stata una bambina molto alta,
per questo i miei allenatori mi hanno mostrato
da subito la strada del libero, un ruolo che
mi piace perché coinvolge istinto e tecnica,
e perché mi permette di mostrare in campo
alcune delle mie caratteristiche fondamentali:
la grinta e la combattività. Se inizio qualcosa,
cerco sempre di portarlo a termine: allo stesso
modo, penso che una difesa in extremis sia
sempre possibile, che sia sempre possibile
arrivare con una mano sotto il pallone per
cercare di non farlo cadere a terra e per tirarlo
su in modo che le compagne possano rigiocarlo.
Non sono mai stata un’attaccante, e quindi
non posso dire se mi manchi schiacciare o fare
punto... ma credo che una buona difesa o una
bona ricezione valgano quanto un pallone
messo a terra, in fondo il gioco della pallavolo
parte dalla seconda linea!”.
E dire che il padre di Cristina era un
cestista, e quindi si presume non troppo
basso. Anche se da lui non ha ereditato
l’altezza, il libero lombardo ha però trovato
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