Già durante la stagione 2009-10 la
Turchia aveva mostrato interesse nei miei
confronti, ma all’inizio avevo rifiutato,
perché non volevo andare via dall’Italia. A
giugno 2010, non avendo alcuna proposta
che riguardasse un progetto per più di un
anno, ho deciso di accettare l’invito della
Turchia.
Lasciare un club vincente, andare
all’estero e tornare a guadagnarsi la fiducia
della pallavolo, di una nazione e di club, è
stato per me un nuovo stimolo. La barriera
più difficile era la lingua, perché il turco
è veramente complicato e anzi, solo in
quest’ultimo anno sono riuscito a parlarlo.
Per quanto riguarda il campionato, invece,
conoscevo solo il Fenerbahce, il Galatasaray
e il Vakifbank, ma sapevo che col passare
degli anni, visto la potenza economica e il
livello alto di gioco, emigrare in Turchia
sarebbe stata la scelta giusta. La mia squadra, Eczacibasi, non la conoscevo perché
non ci avevo mai giocato contro, ma avevo avuto modo di incontrarne i dirigenti a
Perugia, in occasione della finale di Champions League persa contro Mosca qualche
anno prima.
Quando sono volato alla volta di Istanbul, la città che mi ha ospitato per 4 anni,
avevo voglia di confrontarmi con la pallavolo europea non solo dal punto di vista
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