figlio gioca a basket, ma non è la stessa cosa.
Seguo le partite in televisione perché non ho la
fortuna di avere realtà vicine dove poter andare
di persona nei palazzetti. Credo che ora sia un
po’ tardi per riprendere ad allenare, anche se ci
ho pensato, qualche anno fa, ad andare a fare
un’esperienza all’estero, che non ho fatto come
giocatore, però alla fine ho fatto una scelta. È
un po’ come fare a pugni con la vita quotidiana.
Ho detto basta, non rimpiango nulla, anche se
sono rimasto con desideri che so che non potrò
realizzare come giocare l’Olimpiade o una finale
scudetto”.
Anche questa chiacchierata sta per volgere
al termine perché Marco deve rientrare in
negozio. Prima però gli chiedo di dirmi che
cos’è stata per lui la pallavolo. “La mia vita.
Io ho iniziato tardi a giocare, avevo 1617 anni, e in poco tempo ho raggiunto alti
livelli. Per 20 anni essere un giocatore è
stata la mia attività principale: mi piaceva
allenarmi, la vita dello spogliatoio, faticare
per raggiungere un obiettivo. Ho vissuto
quegli anni fino in fondo così come i miei
compagni dell’epoca. Sai, a volte mi resta un po’
il rimpianto perché ho perso i contatti con un
ambiente che per tantissimo tempo ho sentito
mio e dove prima, con gli altri giocatori, ci si
vedeva sempre. Adesso mi fa piacere rivedere i
miei compagni in occasione di qualche evento o
manifestazione”.
È tempo di lasciare Padova per
raggiungere un altro protagonista, ma, con
Marco che ci fa da cicerone, abbiamo ancora
un po’ di tempo per visitare la città. Come
sempre mi dispiace dover ripartire, ma
questa volta mi dispiace ancora di più. Forse
vorrei vedere questo gigante buono, che ha
contribuito a scrivere la storia della pallavolo
mondiale, ancora dentro il mondo del volley,
ma come ha detto lui, la scelta è stata fatta
senza rimpianti.
“Ti prometto una cosa”- mi dice prima di
salutarmi –“ D’ora in poi seguirò Pallavoliamo!”
Il viaggio continua…
Servizio di Monica Mares
Fotografie di Luigi Boccia
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