una grossa mano con i suoi
consigli quando mi vede in
difficoltà. In generale, sono
circondata da ragazze con
esperienza, ma anche con tanta
voglia di vincere e dimostrare:
siamo un bel gruppo anche
fuori dal campo, e questo
credo che incida anche sulle
nostre prestazioni”. Quella di
Montichiari è forse una delle
poche isole felici nel mare
burrascoso del volley in crisi:
non dev’essere facile, per chi
approda al professionismo
oggi, rendersi conto della
precarietà di questo ambiente,
molto più tangibile rispetto
alle prospettive di quando la
stessa Sara ha mosso i suoi
primi passi nel volley. “Può
spaventare pensare di affidare
il proprio futuro ad una
professione così in bilico al
giorno d’oggi; penso però che
tutta l’Italia sia in crisi, e che
ci siano persone in maggiore
difficoltà rispetto a me, a noi.
Mi ritengo fortunata perché
riesco a dedicarmi ad un’attività
che mi piace, mi appassiona,
con la quale mi identifico...
molte persone non possono
nemmeno ambire a questo, non
possono permettersi di scegliere
il lavoro che faranno”.
Se non fosse stata un’atleta,
sarebbe stata un medico... un
pediatra per l’esattezza, dato
il suo amore per i bambini.
Ma “non si può fare bene
se non ciò a cui ci si dedica
completamente”, ed evidente
l’incompatibilità delle due
strade, per la natura stessa
sia degli studi di medicina,
sia
dell’attività
agonistica.
Senza abbandonare l’idea di
percorrere, in qualche modo,
un percorso di studi, Sara si
concentra così sulla professione
che ha scelto e che ama: non è
una malata di volley, raramente
la troverete in un palazzetto
come spettatrice – se non,
forse, per applaudire un’amica
– e ancor meno incollata
davanti alla TV a vedere una
partita di volley... decisamente
meglio perdersi nella trama
di un buon film, sorseggiando
l’immancabile camomilla, il
cui profumo mantiene sempre
aperta una finestra dalla
quale guardare alla realtà con
sguardo sereno.
Servizio di Martina Ricca
Fotografie di Luigi Di Fiore
Si ringrazia Hotel Brescia
Est – Best Western per la
cordiale ospitalità
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