Pallavoliamo Febbraio 2015 | Page 95

tifoseria stupenda, che abbiamo toccato”), arriva la chiamata di Monza. “Con la presidentessa Alessandra Marzari avevamo già quasi definito dopo il mio addio a Busnago, poi arrivò la chiamata di Piacenza e lei comprese quanto quell’esperienza rappresentasse per me. Mi ha voluto riproporre l’occasione adesso e spero di essere arrivato qui migliore di quando avevamo parlato ai tempi. In più, la missione di cercare la promozione in serie A1 è un grande stimolo”. Femminile agli esordi milanesi e giovanile maschile di alta qualità all’Asystel; poi femminile di livello alto a Merate e Busnago e maschile di vertice nazionale e continentale a Piacenza; quindi serie A2 da corsa a Monza. Arriva il momento di indagare un tema che appassiona spettatori e addetti ai lavori, con sostenitori e tifosi di una o dell’altra superiorità: meglio il volley maschile o il volley femminile? “Allora, punto primo: esistono situazioni differenti, ma non li ritengo due tipi di pallavolo completamente estranei. Certo, la serie A1 maschile è veramente un mondo peculiare, ma la proporzionale crescita fisica e atletica del volley femminile dà spunti di collegamento. Il lavoro tattico a muro nel settore femminile sta salendo di importanza, mentre analizzando i dati si scopre come in un mondo maschile dominato dal servizio in salto alla massima potenza, sono poi i turni efficaci di jump-float a scavare break decisivi. Allo stesso modo, il salto spin nel volley femminile si sta diffondendo, e alcuni esempi di squadroni vincenti di uomini come Brasile e Usa testimoniano che è produttivo difendere ai massimi livelli. Insomma, io penso che l’osmosi di alcuni fondamentali e di alcune situazioni, con i dovuti parametri ed accorgimenti, sia possibile e utile”. Allo stesso modo, esistono alcune differenze certificate che rendono peculiari i due settori: “Giocando l’A2 femminile, vedo come l’attacco trova difficoltà ad essere efficiente anche con ricezione perfetta, i dati di cambio palla restano limitati anche 95