Paesaggio Urbano 03.2013 | Page 65

In una sorta di “agone psicologico” (Nicolin) dove gli autori di ogni installazione sono chiamati a misurarsi con l’eredità dei mostri sacri del design italiano, la sindrome dell’influenza compie percorsi irregolari, spuri, mai lineari. È attraverso un gesto poetico e quasi magico che gli oggetti in tondino metallico al centro della stanza curata da Paolo Ulian, frammenti di un possibile repertorio ispiratore di Magistretti, riflettono sulle pareti l’ombra di alcune delle sue opere più celebri. Un estremo gesto di autoidentificazione spinge Italo Rota a vestire i panni di Joe Colombo in un video in cui il designer è ritratto come un astronauta russo che punta alla luna senza raggiungerla, in una riflessione amara e divertita sull’ottimismo perduto del boom economico. Nelle stanze curate rispettivamente da Blumerandfriends e Marco Ferreri, l’efficienza della produzione industriale esaltata da Zanuso si tramuta nella minaccia dell’iperproduzione e la perfezione tecnica e formale degli allestimenti di Albini diviene essa stessa reperto museale. La seconda sezione affronta le vicende successive al periodo “eroico” del dopoguerra, quando il pragmatismo che connota la ricerca del design italiano approda alla consacrazione del mercato e al culto del brand, sullo sfondo contraddittorio delle contestazioni degli anni Settanta e del dilagante consumismo, in cui la crisi del sistema mette in moto la “distruzione creatrice” che dà il titolo alla sezione. Ai lati di uno stretto corridoio, gli oggetti si moltiplicano all’infinito grazie a un suggestivo gioco di specchi, intervallati da schermi che proiettano interviste ad alcuni testimoni dell’epoca, fra cui Alessandro Mendini, Enzo Mari, Mario Bellini, Paolo Deganello. La terza sezione è dedicata infine all’attuale scenario 1_Italo Rota, Futuri senza futuro, installazione su Joe Colombo 1_Italo Rota, Futures without future, installation on Joe Colombo 2_Bum! Blumerandfriends, Urto di Materie, installazione su Marco Zanuso 2_Bum! Blumerandfriends, Collision of Materials, installation on Marco Zanuso 3_Ron Gilad, Light Dinner, installazione su Flos 3_Ron Gilad, Light Dinner, installation on Flos 4_Alessandro Mendini, Ecosistema Alessi, installazione su Alessi 4_Alessandro Mendini, Alessi Ecosystem, installation on Alessi 5_Marco Ferreri, Elevatio Animae, installazione su Franco Albini 5_Marco Ferreri, Elevatio Animae, installation on Franco Albini 6_Pierluigi Cerri, La precisione del dettaglio, installazione su Unifor 6_Pierluigi Cerri, Precision of the Detail, installation on Unifor 7_Paolo Ulian, L’attimo delle idee, installazione su Vico Magistretti 7_Paolo Ulian, The Moment of Ideas, installation on Vico Magistretti le installazioni dedicate ad alcune delle aziende chiave del “nuovo contesto” – Kartell, Artemide, Magis, Driade, Alessi, Danese, Luceplan, Flos, Moroso, Cappellini, Unifor, B&B Italia, Cassina – parlano dell’inscindibilità fra l’attività dei designer e la filosofia aziendale, le strategie produttive e di immagine delle case produttrici. La circolarità fra Italia e resto del mondo già precedentemente intravista si concretizza nella produzione da parte di aziende italiane di numerosi talenti stranieri, attirati da competenza e competitività del Made in Italy. Le installazioni si muovono fra rappresentazione drammatica e simbolica, spesso ironica, dell’identità delle aziende: da Light Dinner di Ron Gilad, dove le lampade di Flos siedono convivialmente attorno a un tavolo modulando la luminosità in una muta conversazione, al teatrino mendiniano dove si muovono gli stralunati oggetti di Alessi; dal cubo che Mario Bellini satura con prototipi della LC2 di Le Corbusier, trasformata da Cassina in un prodotto di massa, all’ambiguità della grigliacaleidoscopio messa a punto da Cerri per Unifor. L’esito dell’esperimento sembra provare, dopotutto, la “tenuta” storica del design italiano e la sua formidabile carica di insegnamenti, in parte ancora validi sotto il profilo metodologico, ma soprattutto per quell’entusiasmo e quella capacità di scommettere sul progetto e sull’innovazione, anche in tempi difficili, che oggi più che mai andrebbero presi ad esempio etico di comportamento. Photo © Paolo Rosselli Gaia Piccarolo Architetto e dottore di ricerca in Storia dell’Architettura tengono alto il nome dell’Italian design nel mondo. e dell’Urbanistica (Politecnico di Torino) ∙ Architect and PhD in History of Architecture and Urban Planning (Politecnico di Torino) All’interno di cubi bianchi completame