OC PRESS Rivista Opera Commons 2018 aprile maggio giugno | Page 18
Al netto delle nozioni condivise, degli
spasmi di luce che balenano agli occhi in
mezzo a questi corridoi colorati, nei quali
la natura è riversata per foglie, frutti e
geometrie, le condizioni, per noialtri,
restano immutate. E non storcerete il naso,
se qualcuno ve ne ricorda la certezza,
l’assoluta necessità! Gli anni passano ma
gli incantesimi non mutano per peculiarità
ed effetti sul visibile, come ai tempi dei
quali molto si dice e poco si sa, e anche
oggi che nulla si conosce e molto si vaneg-
gia restano, tali sortilegi, parimenti zeppi
di formule da rispettare scrupolosamente,
nei detti e rituali, non di meno nel reperi-
mento delle materie prime, di quella res
che per forma e sostanza rende tutto vero,
tutto efficace.
Sarebbe bello perdersi ancora in chiacchie-
re, nascondersi dietro un dito, farsi cogliere
da una boriosa allegria, cifra di quella
pigrizia che per certuni è da salutare come
la più spregevole delle ignominie, ma la
verità è solo una: l’ho persa! Non so dire
con certezza quando me ne sia reso conto,
eppure ho controllato dappertutto, lo giuro,
e né i taschini né la strada verso casa,
percorsa a ritroso più e più volte, hanno
saputo darmi conforto. Ed eccomi qua,
solo e rovinato in un continuo andirivieni.
Non c’è affatto nulla da ridere, e qui hanno
il coraggio perfino di prendermi per matto!
Non c’è la formula e non c’è la magia.
Tutto gettato al vento: minuti interminabili
a ricevere inequivocabili istruzioni,
raccomandazioni foriere di languidi baci e
di minacce da tradurre in orribili vendette,
e ora non resta che fidarmi pertinacemente
della mia memoria. E se mi sfuggisse
qualcosa? Se avessi preso un fischio per
un fiasco? Com’è dura appartenere al
consorzio degli amanti delle folli, eppure
qualcuno ha il coraggio di criticarci, come
se potessimo farne a meno!
Sarebbe consolatorio adagiarsi sulle
proprie inclinazioni senza prendersi a
ceffoni, “che occhietti!”, e subito un
fragoroso paff, “che occhioni”, altro paffe,
“che occhiacci!”, altro paffe (stavolta col
dorso, più incontrollato, della mano
sinistra), e via dicendo, secondo una
tassonomia che è parziale tassidermia
metafisica delle pulsioni cagionate alla
vista di occhietti che camminano per le
strade, che svolazzano sui tram, che si
adeguano insieme a noi alle austerità delle
dimensioni degli ascensori oblunghi di una
volta. Senza pif e senza paf siamo una
progenie perduta, dovremmo tenerlo
sempre a mente!
“Eccone una, pif!”, “eccone un’altra,
paff!”. E invece no, nulla di tutto ciò. Gli
schiaffoni si conservano nelle tasche - il
volto arrossisce da solo – il cappio si
stringe al collo, e goffamente (secondo il
nostro giudizio), cadiamo in preda al più
potente degli incantesimi. Che poi, se ne
vedono di tutti i tipi sia di donne che di
sortilegi, e tale copiosa varietà produce il
terribile sospetto, non solo nei poveri cristi,
che la sorte sia stata malevola e sia stato un
disegno divino del tutto oscuro e incom-
prensibile ad averci ammogliati con una
Pandora.
Sospetto o persuasione, oggi sono il
fattorino della mia donna, che dico, della
mia strega, ambasciatore di un pensiero a
me lontano, latore di un messaggio ormai
perduto. Non dirò alla mia Circe che qui
mi si ride in faccia, che sono uno sciocchi-
no distratto, neanche se fossi matto quanto
lei! Basta un po’ di concentrazione, e il
gioco è fatto: non saranno certamente
delle intimidazioni a smarrirmi la calma.
Si tratta inoltre di ricordare poche cose,
associate a dei numeri che ne limitino le
quantità! Che tifiate per me o meno,
sappiate che grazie alla mia memoria
fotografica ricordo che ci volesse un
peperoncino rigorosamente fresco, nonché
del vino bianco della nostra regione.
Sarebbe stata poca cosa, se non mi fossi
ricordato dell’olio extravergine d’oliva,
del sale fino e del pecorino romano, e non
sarebbe servito a niente tale sforzo senza
ricordarmi dei pelati, sì, i pelati, in almeno
due confezioni di 200 grammi cadauna. Se
mettiamo anche, e qui non si può mica fare
i finti tonti, che gli spaghetti non possono
certo mancare, credo di aver ricordato
proprio tutto. Cosa potrebbe mancare per
non farle perdere le staffe, per non farla
accendere d’ira? Cosa potrebbe mancare
per la sua splendida amatriciana? E soprat-
tutto, che punizione potrebbe mai
attendermi?