NON LIEU OC PRESS | Page 17

mio bagaglio. La terza e ultima regola è individuare subito il gate dell’imbarco e recarmi nelle vicinanze nel caso di grandi aeroporti. Una volta che ho tutto sotto controllo, acquisto una bottiglietta d’acqua, mangio qualcosa se ho fame e poi mi siedo a leggere. La mia attività preferita, però, è diventata immaginare le vite degli altri passeggeri. In aeroporto passano persone provenienti da ogni parte del mondo e dirette chissà dove. Nei luoghi concerti, nonostante siamo circondati da migliaia di persone, condividiamo con loro la routine della vita di tutti i giorni o una passione, per cui non è raro che ci si possa incontrare più volte e instaurare un rapporto. Anche nei corridoi e nelle sale di un aeroporto si incontrano migliaia di persone, ma, tra la fretta con cui di Si chiama Chiara, vive a Milano e, dopo una sessione di esami all’università, ha deciso di prendersi una vacan- za e di andare a trovare un’amica a Barcellona. Chiara è una perfetta sconosciuta in coda accanto a me prima dei controlli all’aeroporto di Milano Malpensa. Non so se Chiara è il suo nome e se vive a Milano, ma così è scritto sulla targhetta nella sua valigia. Metto in conto che la valigia possa essere il prestito di un fami- liare, di un amico o di un parente. Il resto sono solo supposizioni. Ipotizzo che possa essere una studentes- sa sia dall’età, che stimo tra i venticinque e i trent’anni, sia dal libro di cui intravedo la forma nello zaino com- presso. Dall’abbigliamento e dal cappello che indossa deduco, invece, che stia andando in vacanza in una località di mare. Guardando velocemente il tabellone delle partenze, limitandomi alle prossime due ore, penso che la meta della presunta Chiara possa essere una tra Barcellona, Lisbona e Marsiglia. Viaggia da sola e da Milano, la sua città, quindi potr ebbe andare a trovare qualcuno, magari un’amica che si è trasferita all’estero. Scelgo Barcellona per una questione statisti- ca, visti i tanti italiani che ospita. Negli ultimi anni, a parte rare eccezioni, ho sempre viaggiato da solo e, come tante altre persone, ho gene- rato una routine da aeroporto che applico a ogni viag- gio e composta da tre semplici regole. La prima è arrivare sempre con largo anticipo in aeroporto, almeno un’ora e mezza prima della partenza. Non sono pronto a rischiare di arrivare in ritardo, dover correre in aeroporto con la valigia, sentire l’altoparlante chiama- re il mio nome, sopportare gli sguardi di rimprovero del personale di terra e dei passeggeri, già accomodati nei loro posti. La seconda è non perdere tempo ai controlli e arrivare sempre preparato: carta d’identità in tasca, carta d’imbarco pronta sul mio smartphone, cintura in una tasca della valigia, pronta per essere tirata fuori solo dopo i controlli, niente monete o chiavi in tasca, scarpe di gomma, niente liquidi o oggetti pericolosi nel bagaglio. Passo sempre i controlli senza laurentina l’apparente mancanza di interessi comuni (a parte prendere un aereo), è quasi certo che quelle persone minuti, ma che poi, come spinti dalla forza centrifuga di un’esplosione, prenderanno direzioni diverse senza entrare mai in contatto. Questo pensiero mi ha sempre creato un forte disagio ed è per questo, per limitare questa sensazione, che mi piace immaginare le vite degli sconosciuti che incrocio. Il loro aspetto, i loro abiti, i loro atteggiamenti, le loro voci, le loro mete, mi suggeriscono sempre delle storie. Io e la presunta Chiara camminiamo uno accanto all’altra nella coda per i controlli. Ogni tanto i nostri sguardi si incrociano. Al momento di posare le valigie sul nastro, con un ampio gesto del braccio, lei mi invita a passare avanti, ma, sfoggiando uno dei miei migliori sorrisi, le rispondo: - Assolutamente no, eri almeno due centimetri davanti a me, vai prima tu. La presunta Chiara mi sorride e mi ringrazia. Finiti i controlli, sembra aspettarmi. - Per caso vai a Barcellona? - No, torno a casa, vado a Catania. - Quando parte il tuo volo? - Tra circa un’ora e mezza. - Anche il mio. Ti va se aspettiamo insieme? - Certo, con grande piacere. Mentre ci allontaniamo dalla zona controlli, per qual- che secondo rimaniamo in silenzio e, per evitare l’imbarazzo che si è creato, mi sento in dovere di dire qualcosa: - Vado spesso a Barcellona, lo scorso anno, in questo periodo e partendo proprio da Milano. Quindi un anno fa avremmo preso lo stesso volo. - In realtà non starò a Barcellona. Lì ci abita una mia amica e domani insieme andremo a Palma di Maiorca. 17