My first Magazine Animazione Sociale | Page 93

Al centro qui , non c ’ è la riduzione dei rifiuti , che pure è tra gli obiettivi dell ’ impresa . Non varrebbe la pena , infatti , compiere uno sforzo organizzativo e finanziario così importante per recuperare e rivendere 6,26 kg per abitante ( abbigliamento compreso ) di beni usati , mentre vale sicuramente la pena , almeno secondo noi che scriviamo , dare lavoro a 315 persone , parte delle quali impegnate in percorsi di recupero dopo esperienze in carcere , altre da esperienze di malattia psichica o fisica .
In questo caso , possiamo descrivere l ’ ipotesi da cui nasce Opniew & Co come : utilizzo di beni altrimenti destinati a smaltimento finalizzato a generare , attraverso un ’ attività di mercato , posti di lavoro per soggetti svantaggiati in modo da favorire percorsi di apprendimento ed emancipazione .
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In Italia molto è ancora lavoro volontario
Ma nuove ipotesi sono possibili
In Italia , dove non esiste una politica organica per i centri di riuso , le iniziative , alcune delle quali capaci di un notevole impatto sociale , restano spesso invischiate in una retorica piattamente ambientalista , dove l ’ unica variabile che viene narrata è la riduzione nella produzione dei rifiuti .
Le esperienze di centro di riuso vivono isolate l ’ una dall ’ altra , manca una riflessione organica , capace di costruire un linguaggio condiviso nella popolazione e tra gli amministratori locali .
Probabilmente per queste ragioni , negli ultimi dieci anni , sono nate decine di esperienze che prendono il nome di « centro di riuso » pur non avendone le caratteristiche costitutive : si va dal microcentro di Pergine Valsugana ( in provincia di Trento ), 30 metri quadri di negozio dell ’ usato basato sulle donazioni e gestito da volontari , al centro di riuso « La bisaccia » di Capannori ( Lu ), che movimenta , grazie al lavoro dei volontari , un centinaio di tonnellate di beni ogni anno , messi a disposizione di chi va a ritirarli , senza che venga attivata , quindi , alcuna professionalità e senza un confronto con la domanda del mercato ; al centro « Second life » di Bologna , ospitato in un capannone di 100 metri quadri , dove lavorano due operatori per movimentare circa 65.000 oggetti . Anche in questo caso non c ’ è confronto con il mercato perché gli oggetti vengono presi gratuitamente da parte dei frequentatori del centro , non sono previste attività di riparazione né è previsto che si faccia preparazione per il riutilizzo o che si filtrino i beni altrimenti destinati a smaltimento .
Esistono tuttavia , anche in Italia , casi di eccellenza . Il centro di riuso di Vicenza , ad esempio , è gestito dalla cooperativa sociale Insieme che dà lavoro a 120 persone , in un sistema che integra gestione dei rifiuti , preparazione per il riutilizzo , riparazione e com-